Il vangelo odierno si apre con la descrizione di eventi tragici che sembra la fotografia del presente. Ma il punto centrale è cosa succede a chi sceglie di vivere in questo mondo con uno stile coerente ad un progetto di liberazione e fraternità. Gesù invita alla perseveranza e alla fedeltà, incoraggiando ad affrontare le “persecuzioni” che ne derivano. E' la resistenza alla seduzione della promessa di felicità legata al possesso (di beni, persone e se stessi) scegliendo la condivisione e l'attenzione e la cura di chi è scartato e posto ai margini della società. E' la resistenza alla paura (dell'altro, che è sempre diverso, e del futuro) e al fanatismo privilegiando il rispetto di ogni diversità (culturale, religiosa, sessuale) e l'apertura attraverso il dialogo paritario.
Le sfide attuali richiedono prima di tutto la consapevolezza dell'interdipendenza: ogni parte è in qualche modo connessa al tutto e, quindi, alle altre parti. Le guerre e le bombe atomiche, le emergenze climatiche e sanitarie, le migrazioni, le disuguaglianze sono tra loro collegate e richiedono un'attenzione globale. Lo sanno bene quanti ne subiscono sulla loro pelle le tragiche conseguenze, soprattutto coloro che, nel mondo disuguale, appartengono all'80 per cento della popolazione mondiale. E lo sanno anche quanti, nel restante 20 per cento degli abitanti del pianeta, hanno scelto di resistere alle seduzioni delle false promesse di felicità e alle paure.
L'orizzonte è l'umanizzazione per tutti, sia per le vittime che per i corresponsabili (chi più chi meno) di tale situazione. Questo esclusivamente per amore di quell'umanità che è fuori e dentro ciascuno.
Nel messaggio in occasione della Giornata mondiale dei Poveri (che si celebra questa domenica), papa Francesco ha scritto: “Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale. È urgente trovare nuove strade che possano andare oltre l’impostazione di quelle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che unisca i popoli”. Ed elementi di speranza sono la moltiplicazione di movimenti popolari, le esperienze di economia civile e di finanza etica, la risoluzione nonviolenta dei conflitti, le reti di solidarietà e di impegno per il cambiamento. Si tratta di atti di amore verso tutti, perché o ci si salva insieme o si perisce insieme (“siamo tutti sulla stessa barca”).
Ancora Francesco: “Se vogliamo che la vita vinca sulla morte e la dignità sia riscattata dall’ingiustizia, la strada è la sua: è seguire la povertà di Gesù Cristo, condividendo la vita per amore, spezzando il pane della propria esistenza con i fratelli e le sorelle, a partire dagli ultimi, da quanti mancano del necessario, perché sia fatta uguaglianza, i poveri siano liberati dalla miseria e i ricchi dalla vanità, entrambe senza speranza”.
(13 novembre 2022 – XXXIII Domenica Tempo Ordinario)
PS – “La povertà che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento.
La povertà che libera, al contrario, è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità”.
(Francesco)
Nunzio Marotti
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