Più che un romanzo è un racconto di mille racconti, il libro di Maurizio Maggiani (Feltrinelli 2015, premio Elsa Morante), un linguaggio 'parlato' nel quale si intrecciano la storia familiare e quelle dei costruttori mancati ("non era questa l'Italia ch'io sognava") della Nazione, con rimandi ad epoche e personaggi diversi (da Napoleone a Cavour, alla guerra d'Africa, alla Resistenza, dalle guerre d'indipendenza a quelle del Novecento). Ed è in questi racconti, costruiti con pazienza e scovando documenti straordinari, relativi in particolare alla costruzione dell'Arsenale di La Spezia, che emergono due personaggi che hanno a che fare con l'Isola d'Elba: Priffi Davide e Bezzi Cristoforo.
Li presentiamo con le parole di Maggiani.
STORIA UNO: PRIFFI DAVIDE. Nato all'Elba, figlio di un maestro d'ascia di Rio Marina, garibaldino del '69 era alla presa di Palermo. Ha fatto il giornaliero al Regio Arsenale per dieci anni come falegname per i lavori di ebanisteria con il legno di tek, molto duro, molto difficile da lavorare. I giornalieri lavoravano a cottimo, andavano alla chiamata alle cinque del mattino e se c'era lavoro entravano. Al tempo della Dandolo (nave corazzata della Regia Marina, 1878-1920, ndr) un giornaliero che sapeva fare lavori delicati come il suo era pagato tre lire al giorno, tre chili di pane. Alla fine dei dieci anni di cottimo é stato assunto come stipettiere nell'officina torpedinieri. Lo stipettiere é un ebanista che sa fare, per dire, la scatola in mogano di un compasso da Marina, la chiesuola in tek di una bussola, il bauletto in legno di canfora per la bandiera dell' ammiraglio.
Ha moglie e tre figli e sul comò lui tiene il modellino in tek della corazzata Dandolo. Questo lo so perché lo riferisce per iscritto al comandante dell'officina.....
Ecco, il rapporto del suo capo dice che il giorno del varo della Dandolo, concluso felicemente a mare lo scivolo, si astiene dal lavoro e é sorpreso ubbriaco in un angolo dello scalo sopra uno scontro spalmato con due dita di grasso. Sbronzo, insozzato, assente. Ció nondimeno gli viene tolta solo una mezza giornata di paga. Priffi Davide fa mettere a verbale di aver pagato volentieri quella sua mezza giornata di orgoglio. Orgoglio. Chi ha rubato quella parola agli operai stipettieri?
E la grande corazzata sarà anche stata la massa d'acciaio della smania di potenza reale, ma ora quelle quarantamila tonnellate di buon metallo non erano più proprietà del re. Qualunque cosa potesse apparire dalle pompe e dalle circostanze, la corazzata Dandolo era proprietà dei suoi costruttori. Era nelle mani di altre smanie. Quando fu varata, il giorno che Priffi Davide si prese una sbornia di orgoglio, il 10 luglio 1878, tra gli invitati c'erano dei giornalisti inglesi. Erano lí per vedere se stava a galla o se andava giù. Questa storia che la Dandolo cosí com' era fatta non poteva stare a galla era una manía tutta inglese. Lo giurarono appena videro i disegni del progetto. Prima cercarono di rubare l'idea e poi andarono in giro a dire che comunque quella roba non poteva stare a galla...Un tale James Hallison, che era uno stimato progettista alle dirette dipendenze del Lord dell'Ammiragliato britannico, scrisse nero su bianco sulla prima pagina del "Times" che la Dandolo era troppo bella per funzionare. I giornalisti inglesi videro che stava a galla nonostante tutti i loro studi britannici che dimostravano il contrario...
Quando Benedetto Brin, il progettista della Dandolo, lesse gli articoli a tutti quanti quelli che ci avevano lavorato, la gente che lo ascoltava, forse che applaudiva al re? No, applaudiva a se stessa e al suo vicino....Applaudiva ai miracoli che sarebbero venuti dopo quel miracolo. Miracoli dell'ingegno umano, miracoli del lavoro.
STORIA DUE: BEZZI CRISTOFORO. Nato sul lago di Como nel 1797, anno della fondazione della Repubblica Cisalpina, assunto come ralmigatore al Regio Arsenale all'età di sessantasette anni ..é già troppo vecchio, ma é il migliore, quello che può insegnare a tutti (gli orli delle vele sono la cosa più delicata, il punto più debole di qualunque barca vada a quel modo, ndr). Lo sono andati a cercare per tutto il Mediterraneo. Andrà in pensione, allontanamento volontario é specificato, all'età di ottantaquattro anni. Da bambino ha lavorato in una filanda di sete a rigugliare gli orditi spezzati sui telai...Solo i bambini e le bambine hanno le dita abbastanza sottili per fare bene quel lavoro. A undici anni se n' é scappato dalla filanda e in casa non lo hanno più voluto...si prende le sue scarpe a tracolla, si infila un pezzo di pane sotto la camicia e va. Va a Nizza, ci va scalzo naturalmente, le scarpe gli servono per trovare lavoro. Va dove c'é il mare..
A Nizza ci sono un sacco di navi e c'é Napoleone l'Imperatore. Lui vuole prendere il vento di Napoleone, il Giusto e il Vittorioso, lui ha una figura dell'Imperatore a cavallo piegata ben bene dentro una scarpa. É da quando aveva sei anni che lavora ai telai, sa cos'é il ritmo. I telai vanno e vanno sempre allo stesso passo e se uno impara il passo dei telai può rigugliare senza lasciarci le dita tra i pettini.
Bezzi Cristoforo arriva a Nizza che in fatto di ritmo sa già il fatto suo. Cosí trova subito lavoro, lo arruolano da tamburino su una fregata. I tamburini hanno fama di portare una gran fortuna e sono fortunati di loro e Bezzi Cristoforo é così fortunato che resta nel vento dell' Imperatore fino all'Elba. Va proprio all'Elba con lui, é con lui e i suoi trenta intimi sulla fregata Indomabile. Sulla Indomabile c'è anche lì un tamburino, ma é un gallese già vecchio che con il suo tamburo britannico é una schiappa. Per fortuna che Napoleone s'é portato con sé un bravo tamburino comasco che dà il ritmo giusto allo sbarco del nuovo imperatore dell'Elba. Visto che sull'ísola non c'è quel gran che da fare per un tamburino, Bezzi Cristoforo se ne va in giro tutto il giorno per i cantieri di Porto Ferraio e impara a tagliare e cucire le vele. E la sera compie il suo corso di educazione politica per voce dell' Imperatore in persona. ... Napoleone se lo porta con sé in Francia per il grande ritorno....fino a farlo testimone, ad Antibes, del proprio arresto. E ad Antibes resta, non più tamburino ma, a diciotto anni, maestro veliere. (Un lavoro che farà sempre meglio per decenni in giro per il Mediterraneo e l'Egeo finché, appunto, non viene chiamato a fare parte dei migliori, di quei cento mestieri di popolo costruttori dell' Arsenale, ndr).
CR