1. La Befana, il paesaggio perduto
Chi è la Befana? Nell'Enciclopedia Treccani è un mitico e popolare personaggio in forma di orribile vecchia, che passa sulla terra dall'1 al 6 gennaio. Nell'ultima notte si moltiplicano i prodigi, con alberi che fruttificano, animali parlanti, acque dei fiumi e delle fonti che si tramutano in oro. Nella circostanza, i bambini attendono regali, le fanciulle traggono dalla cenere del focolare gli oroscopi sulle future nozze, ragazzi e adulti girano in comitiva cantando. In alcuni luoghi si preparano fantocci di cenci e stoppa, poi portati in giro sopra un carretto, con urli e fischi, per essere bruciati infine sulla piazzetta del villaggio. Gli antropologi vedono nel bruciamento del fantoccio (la Vecchia, la Befana, la Strega), diffuso in Europa, la sopravvivenza periodica degli spiriti malefici, facendo risalire il mito della befana a tradizioni magiche precristiane.
Nella tradizione italiana la Befana, raffigurata come una vecchia che vola su una scopa, fa visita ai bambini il 6 gennaio durante la notte dell'epifania, per riempire le calze lasciate da essi appositamente appese sul camino o presso una finestra. In molte case, per attirare benevolmente la Befana, è tradizione lasciare un piattino contenente un modesto ristoro: un mandarino, un'acciuga, un pezzo di aringa affumicata, un bicchiere di vino rosso. Il mattino successivo, insieme ai regali, si dovrebbe trovare il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto.
Nel caso in cui i bambini siano stati buoni, il contenuto delle calze sarà composto da caramelle e cioccolatini, mandarini, noci, frutta secca e piccoli regali; in caso contrario conterranno carbone. Spesso sorridente, a differenza delle streghe, la Befana può, in ogni caso, fare paura.
L’origine della iconografia della vecchia che vola su una scopa va probabilmente connessa a tradizioni agrarie pagane relative all'anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo. Difatti rappresenta la conclusione delle festività natalizie come interregno tra la fine dell'anno solare e l'inizio dell'anno lunare.
Anticamente, nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale (da ravvisare nella festività di Sol Invictus, il 24-25 dicembre, non nel nostro solstizio astronomico, che cade il 22 dicembre), si celebrava la morte e la rinascita della Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti, archiviata l’ingombrante e totalizzante divinità solare maschile, figure femminili volassero sui campi appena seminati per propiziare i raccolti futuri: Diana, complessa dea lunare legata a fecondità-fertilità-ciclo vegetativo, Satia (la sazietà) o Abundia (l'abbondanza).
La Chiesa condannò con estremo rigore tali credenze, definendole frutto di influenze sataniche. L'aspetto da vecchia va connesso alla raffigurazione dell'anno vecchio che, una volta concluso, va bruciato. In molte parti d'Italia l'uso di bruciare o di segare un fantoccio (a forma di vecchia), rientra invece tra i riti di fine Quaresima.
Il mito della Befana si intreccia con la tradizione dei Re Magi. Secondo un racconto popolare (medievale?), i Re Magi, diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, persa la strada, si rivolsero ad una vecchia. Questa, mostrato loro il tragitto, si rifiutò di accompagnarli. In seguito, pentitasi di non essere andata con loro, preparò un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli. Smarritasi a sua volta, si fermò presso tutte le case, recando doni ai bambini, nella speranza che uno di essi fosse Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare. Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, a cavalcioni di una scopa, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini, caramelle, cenere e carbone, passa sopra i tetti e calandosi dai camini riempie le calze lasciate appese dai bambini.
I Tre Re Magi, Gasparre, Melchiorre e Baldassarre, sarebbero i colleghi più vicini alla Befana, perché distribuirebbero i loro doni anche loro il 6 gennaio, così come avevano fatto con il Bambino Gesù, a Betlemme, portando in dono oro, incenso e mirra. Prima di loro, nel mese di dicembre, certi bambini avevano visto passare pieni di doni San Nicola e Santa Lucia e nella notte di Natale, Gesù Bambino con i suoi angeli carichi di regali per i bambini buoni. Anche i bambini di Roma ricevevano i doni nei primi giorni di gennaio: a portarli era Strenia, una generosa fata molto attenta ai loro desideri.
2. La Befana dei Romani
Un'ipotesi suggestiva collega la Befana con la festa di inizio anno in onore di Giano e di Strenia (da cui il termine "strenna”: auspicio, segno di buon augurio regalo), nella quale si scambiavano regali.
I Romani celebravano l'inizio d'anno con feste in onore di Giano (da cui Januarius) e di Strenia. In queste feste, dette “Sigillaria”, si scambiavano auguri e doni in forma di statuette d'argilla, o di bronzo e perfino d'oro e d'argento ("sigilla", dal latino "sigillum", diminutivo di "signum", statua). Le “Sigillaria” erano attese soprattutto dai bambini che ricevevano in dono i loro sigilla, solitamente bamboline e animaletti in pasta dolce. Questa tradizione di doni e auguri era tanto profondamente radicata che persino la Chiesa dovette tollerarla e adattarla alla sua dottrina.
Strenia era la divinità venerata nel lucus Streniae, situato nel settore orientale del versante meridionale della Velia, presso il Palatino. Insieme con i Corneta, nel versante occidentale, il bosco di Strenia faceva parte della periferia dell’abitato romuleo.
Il culto, certamente arcaico, è ricordato da Varrone (La lingua Latina 5.47), Festo (372L), Simmaco (Relationes 15.1), Agostino (La città di Dio 4.16) ed altri.
Simmaco dice che dal lucus Streniae si prendevano le verbenae (rami) di una felix arbos che venivano distribuiti al re (poi ai consoli) come strenae di Capodanno.
Iniziatore del culto sarebbe stato Titus Tatius, ciò che giustificherebbe l’origine della parola strena (salus in lingua sabina).
L’uso delle strenae il primo di gennaio potrebbe essere collegato con l’entrata in carica dei consoli. In quel giorno (dice Macrobio, Saturnalia, 1, 12, 6) “nella Regia, nelle curie e nelle case dei Flamini le vecchie fronde di alloro erano sostituite con fronde fresche" (ripreso da Ovidio, Fasti, 3.139).
3. La Befana nel Medioevo e nell’agricoltura.
Le dodici notti che vanno da Natale al 6 gennaio comprendono un periodo molto delicato e critico, collocandosi subito dopo la semina invernale. È un periodo pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza della comunità. In quelle dodici notti il popolo del contado credeva di vedere volare sopra i campi appena seminati Diana con un gruppo di donne, per rendere appunto fertili le campagne. Diana, anche a cristianizzazione avvenuta, continuò ad essere venerata come tale. Solo dopo molto tempo Diana e altre figure femminili, inizialmente prive di attributi maligni, furono condannate come pagane e considerate figlie di Satana. Diana, divenuta così, da dea della fecondità, divinità infernale, con le sue cavalcate notturne alla testa delle anime di molte donne stimolò le fantasie superstiziose delle comunità rurali. Queste "Signore" conservano la loro valenza bifronte: portano in sé il bene e il male, sono gentili, benevole e dee della vegetazione e della fertilità, proteggono le attività femminili. Sono spietate con chi fa del male, è prepotente e violento. Si spostano volando o su una scopa o su un carro, seguite dalle "signore della notte", maghe, streghe, anime dei non battezzati.
Di qui si sviluppano i racconti di vere e proprie streghe, dei loro voli e dei sabba tra il vecchio e il nuovo anno. Nasce la tradizione diffusa in tutta Europa che il tempo tra Natale ed Epifania sia il tempo delle streghe. Promanano da Diana, Frau Holle nella Germania del nord, Frau Berchta nella Germania del sud. La Befana, come Frau Holle e Frau Berchta, è spesso raffigurata con la rocca in mano e come loro protegge e aiuta le filatrici.
Nella Befana si fondono tutti gli elementi della vecchia tradizione: la generosità di dea Strenia e lo spirito delle feste di Roma antica; i concetti di fertilità e fecondità della mite Diana; il truce aspetto esteriore avuto in eredità da certe streghe da tregenda; un pizzico di crudeltà ereditata dalle befane germaniche.
Dove e quando nasce la Befana italiana? Il fenomeno è diffuso un po' dovunque in Italia. Dal XIII al XVI secolo la Befana non è ancora una persona definita, è solamente una festa, una delle feste più importanti e gioiose dell'anno: canti, musiche, balli, fuochi artificiali, cortei, giostre, una baldoria che coinvolge tutte le classi sociali.
Nel tardo '500 si comincia a parlare di Befane come figure femminili diverse che vanno in giro di notte a far paura ai bambini. Alla fine del '600 ne restano ancora due, una buona e una cattiva; la stessa Accademia della Crusca ne fa menzione (1688). Questo dualismo è ancor oggi radicato nell'idea che la Befana porta regali ai bambini buoni, ma cenere e carbone a quelli cattivi.
Una certa tradizione vuole la Befana nera, rifacendosi al racconto dei magi dall'oriente, e forse all’incarnato del moro Baldassarre. Secondo altri la Befana ha solo il viso nero perché, in fin dei conti, è pur sempre una strega...
4. Il futuro della Befana (fine).
Brutta, vecchia, deforme, magra, stecchita, ripugnante e ridicola, con capelli bianchi arruffati e stopposi che incoronano un viso illividito dal freddo e coperto da fuliggine, visto che entra in casa dalla cappa del camino. Gli occhi sono rossi come la brace, il naso è grosso e adunco. I suoi abiti miseri rimandano a un mondo di povertà e di autosussistenza contadina: scuri, una rozza sottana, un corpetto sdrucito, uno scialletto. Il copricapo di ordinanza non è certo il cappello a punta da strega bensì il fazzolettone annodato sotto il mento. I piedi sono grossi e nodosi, calzati quasi sempre da scarpe grossolane e rotte, come testimonia il tradizionale canto toscano:
La Befana vien di notte,
con le scarpe tutte rotte,
se ne compra un altro paio,
con la penna e il calamaio…
Il camino è la sede del fuoco, il punto più vivo della casa, è il focolare che rappresenta il fulcro della domesticità, e l'apertura al trascendente: le anime dei morti, di notte, tornano in casa attraverso l'apertura del camino.
Come sta la Befana oggi?
Dopo i grandi splendori dei secoli passati, la Befana cominciò a segnare il passo (rispetto a Babbo Natale e alla Coca Cola) con la trasformazione della società da agricola in industriale e con il miracolo economico degli anni ’50. Un rilancio lo aveva avuto negli anni Venti, grazie alla istituzione della "Befana fascista". Nel 1977, in clima di austerità, e nel tentativo di limitare i "ponti festivi", il governo Andreotti eliminò l'Epifania dal calendario civile e religioso.
Purtuttavia, la Vecchia torna ad essere festeggiata a partire dal 1986 e sopravvive, lei brutta, sporca, malvestita e spettinata, agli anni ’80, agli stilisti, alle top model, alla Milano da bere, agli attori, ai calciatori e alle veline, insomma al tragicomico carrozzone della società dell’immagine.
Oggi convive con le influencer. Ma alla fine sopravviverà anche a loro.
Restano due sensazioni o emozioni.
Una è l’eco ancora viva della vita di piccole comunità, ancora saldamente attaccate alla difficoltà delle loro campagne e al gelo delle loro montagne, paesaggi appenninici che non muoiono mai, neanche se colpiti da tremende calamità.
L’altra è la consapevolezza arcana e remota che, conclusa la celebrazione dell’arrogante divinità solare maschile, Sol Indiges o Sol Invictus, nel solstizio d’inverno, bruciato il ceppo di quercia che lo rappresenta, l’elemento femminile ordinatore della fecondità, della fertilità, della rinascita torna a prendere possesso del mondo nelle sue varie forme. Da questo conflitto scaturisce l’inizio della costruzione della primavera.
Semplicemente, la Befana è una delle nostre più belle emozioni.
Franco Cambi