A chi lo ascolta Gesù dice: “voi siete il sale della terra... siete la luce del mondo”. Il vangelo di oggi, come sempre, interpella la responsabilità di quanti si riconoscono cristiani. Alle parole di incoraggiamento, è associata la messa in guardia: attenti a non perdere il sapore, diventando insipidi; attenti a non nascondere (o spegnere) la luce.
Agli uomini e alle donne del nostro tempo, la via cristiana risulta attraente? Comunica ancora qualcosa? E' capace di orientare gli sguardi, le menti, i cuori e le azioni? Riesce a far scoprire l'amore paterno-materno dell'Assoluto (Essere, Dio, Fondamento...)? Non si tratta di statistiche (sempre insufficienti) ma di osservazione intorno a noi, di attenzione ai fenomeni sociali ed ecclesiali. Se dismettiamo alibi e volontà trionfalistiche, dobbiamo dire che le forme attuali del Cristianesimo appaiono distanti dall'uomo contemporaneo.
Il Cristo afferma che il sale dà sapore e la luce risplende se ci sono “le opere buone”. Così gli uomini, vedendo le opere buone, riconoscono il Padre che è nei cieli. Le opere buone sono le opere della fraternità, al contempo universale e concreta, dalle quali si risale alla comune paternità-maternità di quel Dio che il vangelo presenta come Amore, perdonante, amico e liberatore, solidale con gli uomini e con l'intero creato.
La relazione con il Dio con-in-per noi è trasformativa del “cuore” (il profondo centro decisionale dell'essere umano), che da duro e pietroso diviene di carne (saldo, fiducioso, sicuro, donante/perdonante, come dice il salmo 111). E' da questo cuore rinnovato nell'amore che scaturiscono le opere buone. La prima lettura di questa domenica (Isaia 58,7-10) le elenca: dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo, togliere di mezzo l’oppressione e il puntare il dito e il parlare empio, aprire il cuore all’affamato, saziare l’afflitto di cuore... in queste azioni “allora brillerà fra le tenebre la tua luce”.
Nella seconda lettura, Paolo ai Corinzi ribadisce che la sua predicazione non si basa su argomentazioni dialettiche o eleganti, ma sulla “manifestazione dello Spirito e della sua potenza”, cioè sulla manifestazione dell'Amore attraverso le sue parole e la sua azione.
Capita di imbattersi nella convinzione “religiosa” che sia possibile “costringere” Dio ad intervenire per risolvere i problemi degli uomini, dagli stessi creati o subìti. Purtroppo, questa immagine del Dio-tappabuchi è alimentata, in buona fede, da talune pratiche devozionali, psicologicamente consolatorie (forse abbiamo bisogno anche di questo). Ma niente a che vedere con il Cristo crocifisso, il Dio crocifisso, amore impotente secondo i parametri umani. Niente a che vedere con Paolo che si presenta “nella debolezza e con molto timore e trepidazione”, ricco però di amore per il suo Signore e per i fratelli.
In questo senso, possiamo parlare di “nascondimento di Dio e responsabilità dell'uomo”. E' tempo che l'uomo possibile, l'uomo nascosto manifesti la sua “umano-divinità” nel vivere da figlio e fratello di tutti, mettendo al centro non le idee o le strutture ma il bene delle persone, la crescita in umanità e dell'umanità.
Tutti siamo interpellati.
(5 febbraio 2023 – 5^ Domenica Tempo Ordinario)
Nunzio Marotti
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