CIÒ CHE RESTA
Nel rinnovarsi imperituro delle onde, frante sulla costa, lo sguardo percepisce un confine al limite del campo visivo che si disperde in una linea inesistente, osservabile da una terra circondata dal mare “immenso e geloso”.
Le opere di Serradimigni calcano il confine di quel mare. I soggetti rappresentati dal fotografo elbano sono quel che resta di ciò che viene sottratto, custodito e restituito dalle maree di confine.
Sono i tronchi lambiti dall’acqua salmastra.
Osservando le sue opere, per il fruitore è tangibile quella sensazione di melanconia che poggia sulle coste insulari quando, osservando il mare, lo sguardo viene rapito dalle forme sinuose di resti lignei.
Questa potenza espressiva delle impressioni fotografiche di Serradimigni si sposa, nella ricerca presentata, con la necessità di andare oltre la raffigurazione attraverso lo studio compositivo e la creazione di una nuova identità da ciò che resta del soggetto.
Nel corso della sua infanzia Serradimigni si avvicina alla lavorazione del legno e così, oggi, quei tronchi divengono cornici che racchiudono una trascorsa immagine di sé.
Le composizioni create vengono poi rielaborate graficamente creando delle sovrapposizioni che rimandano a quelle rifrazioni ondose verso punti di fuga che tendono all’infinito. Si rivede dunque quella prospettiva iniziale di un orizzonte tracciato da una linea inesistente.
In quest’ottica elemento fondamentale della ricerca è una restituzione quasi archeologica del resto ritrovato, poiché nelle sue realizzazioni l’artista parte dalla raffigurazione del soggetto costruendo però su di esso un’identità altra. Un’ibridazione tra terra e mare.
Il soggetto diviene infatti intellegibile solo mediante la sua trasformazione ed è riconoscibile in ciò che resta di sé prima che nella sua identità. Osservare queste opere è come affrontare un viaggio che conduce colui che lo osserva in meandri di terra e mare e, osservandoli, non si può prescindere dalla consapevolezza che si tratti della ricerca realizzata da un autore indipendente originario dell’Isola d’Elba.
Tronchi, rami, radici: elementi ancorati alla terra e al suolo che si ridefiniscono oggi in una nuova dimensione in cui l’essenza è data dal loro essere sradicati o essere al contempo ciò che sono e ciò che sono stati. Abitare una terra di mare vuol dire essere terra madida, ossa madide, essere viandanti anche qualora quell’isola non la si lasciasse mai, naufraghi o marinai anche solo nei ricordi di avi passati.
Resti -noi stessi- custoditi dal mare, noi o altro.
Nelle opere di Serradimigni appare la rappresentazione di un viaggio, un grande ritorno, esito di una partenza forse agognata, forse mai desiderata, che richiama nella restituzione le parole di Pavese “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”
Samantha Benedetti – 1758 Venice Art Studio. Venezia
Sabato 25 Marzo alle ore 18 presso la sede della Galleria 1758 VENICE ART STUDIO la presentazione dell’artista elbano Federico Serradimigni e le sue opere fotografia e materia della serie “infinite sea woods” , in esposizione da gennaio a giugno, con la collaborazione della ditta CaStil.