L'età del ferro indica un periodo della preistoria o protostoria europea caratterizzato dall'utilizzo della metallurgia del ferro, soprattutto per la fabbricazione di armi e utensili. Abbraccia grosso modo un periodo che va dalla fine del II millennio a tutto il I millennio a.C. (inizia intorno al XIII secolo a.C. nel mondo mediterraneo e nel Vicino Oriente; tra il IX e l'VIII secolo a.C. nell'Europa settentrionale). L'adozione di questo nuovo materiale spesso coincide con mutamenti nella società, non escluse le pratiche agricole, credenze religiose e stili artistici.La scoperta del ferro e l’uso sia in campo civile che militare dei manufatti prodotti dalla sua metallurgia ha indotto, nel corso dei secoli fino ai giorni nostri, una accelerazione e cambiamento nel modo di vivere della società.
“Il passaggio dall’età del bronzo all’età del ferro non fu almeno in un primo momento un grande passo avanti nel progresso tecnologico. I manufatti in bronzo erano infatti superiori per doti meccaniche ai primi oggetti di ferro che doveva essere quindi lavorato a martello, a differenza del bronzo che poteva essere fuso e colato in uno stampo. Il ferro poi è molto più soggetto a ossidazione che non il bronzo. Per tale motivo anche dopo la scoperta del ferro il bronzo continuò ad essere usato di più soprattutto per i manufatti di guerra in quanto anche se meno duro non correva il rischio di arrugginirsi e sbriciolarsi. Le ragioni di questa svolta tecnologica dal bronzo al ferro sono certamente complesse e variano da area ad area: un fattore generale può essere ricercato nel fatto che i due componenti privilegiati del bronzo, il rame e lo stagno, non sono di facile reperimento in natura; del resto il rame senza lo stagno è di difficile lavorazione e troppo tenero per uso pratico. Dei complessi movimenti di popoli alla fine del II millennio aC nel mediterraneo orientale portarono forse all’interruzione dei rifornimenti di rame e stagno, per cui si moltiplicarono in varie regioni gli esperimenti per l’utilizzazione di un’altra materia prima, il ferro, finchè non si diffuse la tecnica che permetteva di trasformare il ferro malleabile e dolce in acciaio: la carburazione. A questo punto l’età del ferro era iniziata: l’acciaio era più duro del bronzo e non correva più il rischio di arrugginirsi e sbriciolarsi.”
(Pannello informativo. Piano terreno. Museo archeologico Portoferraio)
Nell’età del ferro l’Elba, per la sua ricchezza in minerale ferroso, diviene dominio di popoli che vivendo sulle sponde del mar mediterraneo solcano questo mare: etruschi, romani, siracusani, micenei, fenici, punici, focei.
Per la posizione geografica sono prima degli Etruschi e poi i Romani che in particolar modo incidono sulle vicende storiche dell’Elba.
Con l’età del ferro terminano i tempi preistorici, detti “antistorici” da Raffaello Foresi, ed iniziano i tempi della storia, ove alle fonti archeologiche si associano altre fonti come quelle letterarie.
Una di queste fonti letterarie è Diodoro Siculo storico: 90-27 aC circa). Nella sua opera intitolata Βιβλιοθήκη Ἱστορική (Biblioteca storica) così scrive:
“…All’altezza della città dell’Etruria chiamata Populonia c’è un’isola detta Aethalia. Questa che dista dalla costa circa un centinaio di stadi, ha tratto tale denominazione dall’abbondanza della fuliggine che vi si trova. L’isola contiene infatti molto minerale ferroso, che cavano per estrarne il ferro attraverso la riduzione e le miniere sono molto ricche. Gli addetti alla lavorazione tagliano la roccia e arrostiscono i pezzi così ottenuti in certe fornaci fatte a regola d’arte, nelle quali con la forza del fuoco sciolgono le pietre e le riducono in grumi di modeste dimensioni, simili nell’aspetto a grandi spugne. (Foto di copertina).
I mercanti le acquistano in blocco e le scambiano e le recano sia a Dicearchia che negli altri empori. Alcuni, acquistati questi carichi, e raccolto un gran numero di fabbri ferrai, li lavorano e producono masselli di ferro di ogni tipo. Di questi, alcuni li forgiano per farne armi, altri, con molta perizia, li plasmano in forme adatte a ricavarne e forni e falci e altri strumenti da lavoro. Infine i mercanti li recano dovunque e buona parte del mondo prende parte ai vantaggi che ne derivano…”
Di questa primitiva, fervida e diffusa attività siderurgica elbana, oggetto di scambio e commercio nei mercati del mondo dell’epoca, rimane sparso sull’isola il segno. E’ la spugna del ferro che è scoria, materiale di scarto della primitiva metallurgia del ferro elbano: vero ed importante reperto di archeometallurgia. La si può ritrovare in grande quantità specie su alcune spiagge confusa tra i ciottoli di pietra o la sabbia. Sulla spiaggia di S. Giovanni, davanti a Portoferraio, è presente in discreta quantità.
Qui ho ritrovato e fotografato una spugna di ferro.
Ma anche a S. Lucia, nella valle di S. Martino, sono stati ritrovati questi scarti di archeometallurgia e sono esposti al museo archeologico di Portoferraio.
Per la fusione del ferro era necessaria una grande quantità di legna atta a raggiungere le temperature utili alla fusione del materiale ferroso e la valle di S. Martino era ed è particolarmente ricca in legna.
Gino Brambilla si è molto interessato alla archeometallurgia.
Marcello Camici
Foto di copertina - Archeometallurgia. Spugna di ferro detto anche bluma, così chiamata perché assomiglia ad una grande spugna. Si ottiene per riduzione del minerale con carbone di legna. Per dirla con Diodoro Siculo: “gli addetti alla lavorazione tagliano la roccia e arrostiscono i pezzi”. Con il successivo processo di martellatura si eliminano impurità.
Foto 2 - Portoferraio. Spiaggia di S. Giovanni. Tratto particolarmente ricco in spugna del ferro.
Foto 3 - Spugna del ferro raccolta sulla spiaggia di S. Giovanni. Dimensione 7 cm.
Foto 4 - Portoferraio. Museo archeologico. Spugna del ferro. Valle di S. Martino. Santa Lucia.
Foto 5 - Gino Brambilla riproduce la fusione del ferro.