Il tema dell'accoglienza è al centro del vangelo di questa domenica.
Si tratta di un tema che, da alcuni anni a questa parte, riempie gli spazi e i tempi dell'informazione sociale e soprattutto politica. Accoglienza sì, ma... è diventato un ritornello. Che vengano espresse opinioni diverse sul tema è un dato di fatto della società democratica. Ciascuno fa riferimento a sistemi di pensiero (pochi) o a interessi personali, familiari, di gruppo (i più). E su questo tema, a livello di consenso politico si registrano successi e catastrofi, mentre a livello di decisioni si assiste al mantenimento o meno di programmi elettorali.
Chi fa riferimento a Gesù Cristo, a quali criteri deve ispirare il proprio comportamento? Sono i criteri del vangelo, che esprimono i principi basilari della realtà di Dio e dell'uomo. Certamente sono enunciati con un linguaggio legato all'esperienza e alla cultura del tempo. Eticamente sappiamo che i valori (immutabili) devono fare i conti con i tempi (mutevoli): qui sta la capacità dei credenti (personalmente e in comunità) di discernere i segni dei tempi, ciò che nella situazione concreta è il maggior bene possibile (espressione preferibile a “male minore”). E' qui che ci si assume, in coscienza, la responsabilità delle scelte. Nel corso dei secoli è possibile vedere tale creatività cristiana (ispirata dallo Spirito di Cristo) proprio nelle diverse condizioni e situazioni.
Ora è chiaro che tali concretizzazioni non sono assolute. Però, nella libertà di coscienza (alla luce della parola del vangelo e nel confronto con l'esperienza umana), il cristiano non può venire meno al valore fondamentale cristiano. Che, anche per il tema dell'accoglienza, vuol dire semplicemente che ogni uomo è volto di Cristo! E chi accoglie l'essere umano accoglie Cristo Signore insieme a Colui che lo lo ha inviato, cioè Dio Padre-Madre di tutti.
Il cristiano accoglie perché Dio accoglie ognuno, perché l'Amore non può escludere nessuno, essendo tutti figli e, quindi, fratelli-sorelle.
L'accoglienza, per il cristiano, è (deve essere: il vissuto è sempre fragile, ma questo non vuol dire giustificare la violazione del valore fondante) pratica rivolta ad ognuno, è continua inclusione dell'altro: in famiglia, a scuola, nel lavoro, nelle attività del tempo libero, nel sociale, nella politica, nell'economia, nelle relazioni internazionali. Dio non si lascia vincere in generosità e ispira sempre scelte adeguate per ogni tempo e situazione. Il cristiano deve solo rendersi disponibile: ascoltando la parola del vangelo, lasciandosi interpellare da essa (anche nel confronto comunitario), distanziandosi da quella parte di sé che è condizionata dalla mentalità mondana, dalle paure e dagli attaccamenti, esperire umilmente in sé quel volto di Cristo che è (in) ciascuno.
Il cristiano sa anche di non essere solo nell'azione per l'uomo, per la sua difesa e promozione (e in tal modo, servendolo, promuove anche se stesso e sperimenta la gioia della partecipazione alla vita del suo Signore e la gioia della condivisione con i poveri). Sulla strada, infatti, incontra altre persone che – pur non riconoscendosi nella medesima fede – fanno delle proprie relazioni un avanzamento dell'umano.
Cos'è la “gloria di Dio”? Per sant'Ireneo (morto nel 202), la gloria di Dio è l'uomo vivente. L'evangelista Matteo (cap. 25) ci narra di Gesù che si identifica con i più piccoli (affamati, ammalati, carcerati, stranieri...) e afferma che, accogliendo o rifiutando questi, si accoglie e rifiuta lui. L'amore accogliente è possibile a chiunque. L'amore è alla portata di tutti. Anche a chi ha solo da donare un bicchiere di acqua, nella cui trasparenza si intravede un cuore che vuole bene e vuole il bene dell'altro. Come Dio.
(2 luglio 2023 – 13^ domenica del tempo ordinario)
Nunzio Marotti
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