Estratto dal capitolo 11 del libro di Michele Melis “L’amico rivale”, edito da Persephone Edizioni, che sarà presentato martedì 1° agosto, alle ore 21:30, presso il chiostro del Centro culturale De Laugier a Portoferraio.
L’evento è patrocinato dal Comune di Portoferraio e la serata sarà condotta dallo scrittore Federico Regini.
L’importante era partecipare.
Oddio, a giudicare dai capitoli precedenti, si direbbe di no.
Invece sì.
Il palio in quegli anni era molto sentito e tutti volevano farne parte. Era considerato un privilegio.
L’importante era partecipare, ad ogni costo ed in qualsiasi condizione.
Si sapeva già che, per la vittoria, sarebbe stato un affare riservato alle solite barche, ma tutti volevano lo stesso partecipare al Palio.
Come si arriva si arriva, non importa, ci siamo anche noi.
Una volta, al Grigolo, al termine di una gara con un forte maestrale, la barca della Guardiola giunse parecchio attardata: aveva imbarcato acqua a tutto spiano ed era semiaffondata, però l’equipaggio non demorse, voleva ugualmente completare il percorso.
Vedendo quella commovente scena, in mezzo al folto pubblico una popolana non si intenerì affatto e tuonò così, riferita al figlio (vogatore su quella barca), tra l’ilarità generale: «Se torni a casa affogato t’ammazzo!».
Nel primo pomeriggio del giorno di una gara programmata alle Ghiaie, un equipaggio senza velleità di vittoria (e nemmeno di piazzamento) stava riposando all’ombra nella terrazza dei Bagni Elba.
La gara ci sarebbe stata di lì a qualche ora e la noia montava, il tempo andava pur passato.
Uno di loro la mollò lì: «La famo?».
Soggetto sottinteso.
Per risposta ottenne: «Obbene! Però dé, andamoci piano che ‘un voglio mica morì!».
La passatella (padrone e sotto), per chi non lo sapesse, è un radicato gioco a carte in cui si beve - prevalentemente birra o Campari, ma anche spumante e qualsiasi altra cosa purché alcolica - e, a seconda di come girano le carte, dell’abilità dei giocatori e delle alleanze che si stringono, si rischia di farsi male, perché il tasso alcolico sale, sale, sale.
Le cose vanno come vanno e, un po’ per ammazzare il tempo, un po’ per non passare per codardi, un po’ (parecchio) per consuetudine, a fare la passatella quel pomeriggio ai Bagni Elba non si tirò indietro nessuno.
Dopo quasi tre ore di gioco (e vi lascio immaginare quanti Campari scolati) un tizio fece loro: «Oh! Allora? Quell’altri so’ già tutti in mare, tra un pochino danno il via!».
I ragazzi lo guardarono e sussultarono: «Alé! Arrivamo! Presenti!».
E così posarono le carte sul tavolo, scesero sulla spiaggia, montarono sulla barca e, palettando pian pianino, si diressero alle boe di partenza.
Il riscaldamento non lo fecero, è chiaro, vuoi perché era tardi, vuoi perché erano già belli caldi.
Gareggiarono a secco.
Stendiamo un velo pietoso sull’esito della gara: arrivarono dopo la musica?
Nossignori, lasciarono il segno, fecero il botto. Un memorabile botto.
Dopo la partenza, proseguirono in modo forsennato il ritmo di gara, dando vita ad un appassionante testa-testa, per la leadership, nientepopodimeno che con la Padulella 1 (la favorita), che culminò alla prima boa, dove era possibile delineare chiaramente le posizioni.
Tra l’incredulità di tutti, erano primi! Sfatarono un tabù.
Ci sta che avessero scoperto l’ebbrezza della velocità, forse mai provata fino ad allora. Chissà.
A quel punto, il colpo di scena: anziché virare la boa, ci si aggrapparono, e guardarono da lì, da quella posizione privilegiata, il resto della gara.
A quella festa di popolo avevano dato il contributo anche loro.
Sì, De Coubertin aveva ragione, l’importante è partecipare.
O far partecipare.
Il Palio all’Elba era talmente bello e sentito che, chi non ce l’aveva, lo importava, sperando di far attecchire la tradizione remiera.
Nel 1982 gli equipaggi del Palio Remiero elbano furono invitati a Piombino per una importante manifestazione, di cui la gara di barche era l’elemento clou.
Ogni imbarcazione avrebbe rappresentato un rione: fu bellissimo, organizzato tutto alla perfezione, con tanto di banda musicale e sfilata di barche ed equipaggi nel centro del paese, documentata (a seguire) dall’obiettivo sempre puntuale di Mario Grilli.
Andò bene al rione abbinato al Capo Bianco: vinsero loro la gara davanti ai Vigili del Fuoco.
Però quello era il giorno sbagliato per organizzare un evento che, con tutti i crismi, sarebbe terminato piuttosto tardi.
Era l’undici luglio e la sera ci sarebbe stata la finale dei mondiali tra Italia e Germania, così, a gara finita, imbastirono la premiazione in fretta e furia e poi ci fu il fuggi-fuggi per prendere la nave.
Nessuno, degli elbani, voleva perdersi la partita.
Michele Melis
Le barche pronte alla parata
Immagini della parata. La barca del Capo Bianco 2 sotto la torre dell’orologio
Gli equipaggi delle barche elbane radunati tutti insieme in una stanza
Una premiazione a San Giovanni nel 1982
Pubblico al Grigolo all’arrivo della Vogalonga del 1983
Nella foto di copertina - Le barche elbane scendono dalla nave a Piombino