1799, che dice Mellini della situazione all'Elba?
All'inizio del suo meraviglioso Volume V Delle Memorie Storiche dell'Isola d'Elba, Vincenzo Mellini Ponce de León disegna un quadro della situazione che precedette i più volte da me ri-narrati epici eventi.
Riassumendo, Mellini dice che gli abitanti di Portoferraio, si trovavano in Toscana, erano infatti sudditi del Granduca e dipendevano principalmente dal presidio locale per la loro sussistenza. Avevano una speciale amministrazione comunale e beneficiavano di privilegi fiscali. Nonostante Ferdinando III avesse consigliato rispetto verso i francesi, la città, dotata di fortificazioni potenti, aveva il dovere di resistere alle invasioni. Tuttavia, in Portoferraio, iniziarono a emergere idee democratiche, in particolare tra le classi più colte, con alcuni cittadini che mantennero rapporti segreti con i democratici di Livorno e furono etichettati come "giacobini".
A Longone, gli abitanti erano invece legati al Presidio e avevano una propria amministrazione comunale modellata sull'esempio spagnolo. Erano trattati con favore dal governo reale e erano pertanto fedeli. Il loro dovere era difendere le loro posizioni dalle forze francesi. Anche se Ferdinando IV aveva lasciato la capitale, si era ritirato in Sicilia, rimanendo quindi al potere. Le nuove idee democratiche non erano popolari a Longone, tranne per poche eccezioni.
In generale, sia Portoferraio che Longone avevano il compito di resistere alle influenze e alle invasioni francesi, pur avendo differenti posizioni politiche e sociali interne.
Gli Elbani, vassalli del principe di Piombino, avevano una posizione complicata tra gli altri sovrani dell'Isola d'Elba e la Francia. Questo popolo, principalmente composto da pastori, agricoltori e marinai, valorizzava profondamente la libertà e l'indipendenza. Pur essendo religiosi, erano moderati e democratici, e tenevano in alta stima l'uguaglianza. Nonostante fossero solo circa 12.000, gli Elbani avevano un sistema politico ben strutturato, divisi in sei comuni autonomi. Avevano una relazione reciprocamente rispettosa con il loro Signore, con obblighi e protezioni bilaterali. Militarmente, possedevano una milizia chiamata "Bande", un tempo forte e organizzata, che però era andata indebolendosi nel tempo, specialmente dopo la costruzione delle fortezze per contrastare le scorrerie dei Barbareschi.
Gli Elbani, in tempi di pace con Toscana, Napoli e Francia, non avevano motivi per combattere contro queste potenze. Ma la situazione si complicò quando i Francesi iniziarono a muoversi verso Portoferraio, Longone e altre zone, poiché qualsiasi tentativo di attacco avrebbe compromesso i territori e la popolazione locale. In particolare, torri come quella di Rio Marina e Marciana Marina erano vicine ai villaggi e attaccarle avrebbe offeso le proprietà e le persone locali. Inoltre, molti Elbani servivano nell'esercito napoletano, rendendo la loro posizione ancor più delicata.
Sebbene fossero in pace, gli Elbani non erano indifferenti ai conflitti in arrivo, specialmente poiché i loro figli erano schierati in diverse postazioni esposte agli attacchi. I racconti delle atrocità dei francesi in Italia aumentavano il loro timore. La loro lealtà pendeva verso Napoli a causa di affinità culturali, linguistica e legami di parentela, e avevano una forte avversione per gli stranieri.
La situazione politica dell'Elba all'inizio del 1799 era tesa e instabile, a causa dell'invasione delle truppe repubblicane francesi, che causò profonde ripercussioni sull'isola.
Il resto è Assedio di Portoferraio e successiva Battaglia di Procchio (giugno).
Angelo Mazzei
Foto di InfoElba