Di invitati al banchetto delle nozze del figlio del re parla il vangelo di questa domenica. Davanti al rifiuto dei primi invitati, il re decide di estendere l'invito a tutti. Il riferimento primo è ai capi religiosi del popolo di Israele che rifiutano il Cristo e, quindi, l'annuncio viene esteso a chiunque, senza distinzione.
Il banchetto, la festa nuziale, è una situazione di gioia. Ad un banchetto ci si incontra, ci si racconta, si condivide il cibo e il proprio essere. Gesù annuncia un Dio che vuole offrire pienezza di vita ad ogni uomo.
Di fronte alla proposta ci possono essere varie risposte. Ognuno è libero di rispondere alla ricerca del significato e dell'orientamento da dare alla propria vita. Certamente, le scelte non si equivalgono: alcune sono aperte al futuro, a sviluppi di umanità, altre invece conducono alla distruzione di sé e, a volte, di altri. Forse, il difficile mestiere dell'uomo è proprio capire quale sia la strada che non lo diminuisce ma che lo accresce dal punto di vista umano, influenzando così anche ciò che con lui entra in contatto.
L'immagine del banchetto suggerisce la considerazione del mondo come dono di Dio a ogni essere che nasce. Un dono da ricevere con gratitudine, per custodirlo e goderne. E questo è possibile soltanto se si sta in una logica di condivisione, chiamata anche fraternità. All'opposto c'è la logica dell'accaparramento, dell'interesse particolare che porta all'esclusione di tanti. Porta all'uso della violenza per mantenere (o allargare) i confini del proprio possesso. L'invito al banchetto della condivisione, dell'incontro, del dialogo è rifiutato da chi è schiavo di questa logica di violenza, che si basa sulle categorie mio-non mio e amico-nemico. Il contrario, appunto, dell'altro come fratello, come uomo a me simile.
Un tema sul quale insiste papa Francesco che, nell'enciclica Fratelli tutti, parla di sogno di fraternità e di amicizia sociale. Un sogno che ha di fronte una serie di sfide. Di queste vorrei riprendere quella relativa al rapporto fra locale e universale. Credo che possa offrire motivi di riflessione, con un occhio a quelle realtà locali (regionali) attraversate da eventi drammatici e da movimenti di massa. Sono due dimensioni da tenere insieme, per evitare “un universalismo astratto e globalizzante” o “un museo folkloristico di eremiti localisti”. Il globale “ci riscatta dalla meschinità casalinga”: “Quando la casa non è più famiglia, ma è recinto, cella, il globale ci riscatta perché è come la causa finale che ci attira verso la pienezza. Al tempo stesso, bisogna assumere cordialmente la dimensione locale, perché possiede qualcosa che il globale non ha: essere lievito, arricchire, avviare dispositivi di sussidiarietà. Pertanto, la fraternità universale e l’amicizia sociale all’interno di ogni società sono due poli inseparabili e coessenziali. Separarli conduce a una deformazione e a una polarizzazione dannosa” (n.142).
Sono parole che sostengono il superamento della pretesa di autosufficienza, di non aver bisogno degli altri. Una pretesa che richiama l'atteggiamento di coloro che rifiutano il dono dell'invito al banchetto. La consapevolezza di essere intimamente uniti, in un mondo interdipendente in cui tutto è connesso, porta a non operare esclusioni e a condividere ciò che si è e si ha. In quella semplicità che fa gioire.
(15 ottobre 2023 – 28^ domenica ordinario)
Nunzio Marotti
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