Questo ed altri aneddoti tratti dal saggio a cura di Fabrizio Fiaschi dal saranno raccontati nel corso della presentazione che si terrà pomeriggio di oggi, sabato 2 dicembre, presso la sala Pier Luigi Nervi (Info Point ex Gattaia).
Arrivato a Portoferraio il 7 novembre 1698 per rinvigorire la fede degli scettici elbani, fra' Giuseppe da Fiorenza, padre cappuccino, si partì subito per Rio da dove avrebbe iniziato la sua opera di fervente predicatore. Opera che terminò tre mesi dopo nel luogo da dove era partito, avendo visitato in questo tempo le principali terre dell'isola, chiese, eremi e santuari compresi. Nella città di Cosimo fa il pienone, tanto che i fedeli, con l'aiuto del suo compare fra' Antonfrancesco da Siena, devono essere suddivisi in due chiese diverse. Durante le prediche gli abitanti del porto mediceo, trovati assai ignoranti in fatto di dottrina cristiana, “facilmente si compungiano e piangono amaramente e dimandano perdono de' loro peccati”.
Alla città di Portoferraio il frate dedica molte pagine del minuzioso resoconto che aveva promesso a Cosimo III. Nella città granducale rimase ammirato da molte cose, dalle fortificazioni, dall'efficienza della truppa, dal carattere degli abitanti, ad incominciare dall'emancipazione delle donne che conducevano da sole i barchetti e dalla precocità dei fanciulli. Non poteva mancare al frate la visita agli arsenali dove era ricoverata la galeazza, mèta turistica obbligata di ogni forestiero: “vi si vede in un grande arsenale posto di là dalla darsena una galeazza di smisurata grandezza, e queste erano già due fabbricate già da' nostri serenissimi principi, e queste sono state quasi le prime galeazze di questa grandezza che si sono viste in mare, e sono 150 braccia lunghe, e larghe a proporzione, et in questa che resta si ammira la vastità del legno et il bel ordine con che era fabbricato, quante camere, sale, appartamenti e altri luoghi che vi si vedono, armi, cannoni assai che vi erano, e basta dire ch'avevano ordite una di queste di combattere con 60 galere, adesso però non è più buona per la navigazione, ma resta per memoria, e tutti i forestieri, che vengono qua la prima cosa dimandano di vedere la galeazza”.
Le due galeazze, di cui all'epoca di Giuseppe ne restava solo una, erano un vanto del granducato. Costruite nel 1633 erano da subito state usate per la propaganda del regime attraverso la pubblicazione di libretti inneggianti la maestosità dell'impresa ( come il Panegyricvs di Beniamino Engelchen). Prima di essere dismesse negli arsenali portoferraiesi, ovunque fossero andate avevano suscitato meraviglia e ammirazione, non solo negli addetti ai lavori ma nel popolo tutto. Estraiamo dal Viaggio delle due galeazze di S.A.S fatto l'anno 1634 sotto il comando dell'Illustrissimo Signore Cavaliere Ludovico da Verrazzano della Santa Religione di Santo Stefano un brano riguardante l'arrivo delle galeazze in Cagliari il 2 di maggio 1634: “come a cosa di estrema meraviglia si condussero molti signori, et artieri della città alle galeazze, et ammirando stupirnosi delle machine con tanto ornamento costrutte, come dell'armamento così abbondante”. Peccato che in virtù della politica di dismissione della flotta, voluta da Ferdinando II, nel 1638 fosse ordinato il ricovero delle due galeazze negli arsenali portoferraiesi. Metterle a terra non fu un'impresa facile e richiese parecchio tempo: dal 14 novembre all' 8 gennaio 1638. Ma qui non cessò l'ammirazione di coloro che, soprattutto stranieri, arrivati a Portoferraio non potevano farsi mancare una visita agli arsenali. Rimasta una sola galeazza dopo il disfacimento e la vendita dei materiali della prima nel 1674 (la seconda resistette sino al 1740 quando fu comprata dal console Manganaro e probabilmente venduta anch'essa a pezzi), non cessò di essere comunque un punto di interesse per i visitatori della città granducale. La visitò il principe Ferdinando, figlio del granduca Cosimo III, il 10 febbraio 1683 e lo stesso garanduca nel 1700. Il 7 giugno 1702 approdò in questo porto, riparandosi dal maltempo, sua maestà il re di Spagna Filippo V e non si fece mancare una visita alla grande nave vanto degli arsenali medicei.
La medesima sorte avevano avuto una sessantina di anni prima le due galeazze reduci da Lepanto: tornate malconce dalla famosa battaglia, il granduca per gli alti costi non se la sentì di ripararle e soprattutto di mantenerle. Già per Lepanto la spesa del loro mantenimento era stata suddivisa col papa. Queste furono ricoverate nel 1573, quando ancora gli arsenali dove dovevano esser collocate non erano finiti (lo sarebbero stati nel 1575). Portate a Portoferraio dal Rosselmini con l'iniziale scopo di trasformarle in galeoni da commercio, dando lavoro alla manovalanza greca, furono probabilmente entrambe disfatte e venduti i materiali a peso. Di sicuro lo fu quella rimasta sola già dal 1585, della quale nel 1592 il provveditore Piero del Rosso faceva fare una stima. Dall'elenco dei materiali fatto redigere dal provveditore, si viene a sapere che questa galeazza era più piccola delle consimili seicentesche, misurando "solo" 45 metri di lunghezza. Il nostro Giuseppe, preso dall'ammirazione per la maestosità della nave che vide ricoverata negli arsenali nel 1698, esagerò non poco, a parer nostro, la stima delle sue dimensioni, calcolando la sua lunghezza in 150 braccia, cioè circa 88 metri. La sorella, che da una ventina d'anni non più esisteva, era stata fatta misurare dal provveditore Vespucci, preventivandone la vendita delle sue parti, e risultava essere di 93 braccia, pari a circa 55 metri.
Il racconto della visita di fra' Giuseppe agli Arsenali non introduce particolari novità, è piuttosto una conferma della presenza della galeazza nel 1698 e soprattutto della meraviglia che ancora suscitava per la sua maestosità.
Fabrizio Fiaschi
Giuseppe da Fiorenza, Relazione delle Missioni e dell'Isola dell'Elba con le vedute de' luoghi più singolari e di molte particolarità della medesima, a cura di Fabrizio Fiaschi, Persephone Edizioni, Capoliveri 2023.
Didascalia dell'immagine: Galeazza, da: Nautica mediterranea di Bartolomeo Crescentio romano, Roma 1607.