Uscirà in libreria nei giorni che precedono il Natale il nuovo libro di Danilo Alessi "Orme di un viandante nei sentieri del '900- Storie vissute e racconti nello scenario dell'Isola d'Elba e a tratti anche al di là del mare".
Quello che propone Alessi nella sua ultima opera, è un lungo zigzagante percorso nel tempo e nel lavoro politico-amministrativo-culturale di tutta una vita.
Nelle sue pagine si sesseguono report di incontri con personaggi anche fortemente incidenti nella realtà nazionale, frammisti a cronache locali, aneddoti, memorie e riflessioni intime o pubbliche che vanno a comporre una narrazione storica, aggiungono elementi di conoscenza di come e dei perché dello svolgersi della vita sociale.
Un "lavoro culturale di spessore" da "leggere per capire".
Riportiamo per intero l'introduzione del Prof. Franco Cambi
“Ho avuto la fortuna e il piacere di vederlo giocare a San Siro con la Dinamo di Mosca nel 1955 contro il Milan di Gre-No-Li (il tridente di attaccanti che annoverava i leggendari Gunnar Gren, Gunnar Nordhal, Nils Liedholm, n.d.r.). Per la cronaca vinse la Dinamo per 4 a 1”. Come si fa a scrivere l'introduzione al libro di un Autore che, nella sua lunga e appassionata vita, ha visto anche giocare un'altra leggenda, Lev Jasin, fra i più grandi por-tieri di tutti i tempi (onorato con l'Ordine di Lenin, l'Ordine Olimpico del CIO e infine Eroe del lavoro socialista)?. Questo mi chiedevo dopo aver letto un suo post su Facebook, piattaforma nella quale è da sempre attivissimo e presente. Danilo è un vero testimone del nostro tempo, all'Isola d'Elba, dove solitamente vive, ma non solo.
Con grande piacere ho riletto molti dei contributi di questo libro, soprattutto quelli relativi alla mia Portoferraio del tempo infantile e adolescenziale, luogo pulsante di vita e di passioni, passioni di tutti i generi, sentimentali, erotiche, politiche. Per decenni si poteva leggere in alcune configurazioni urbanistiche di Portoferraio la sua stessa storia. In piazza, sotto l'arco, due edicole affrontate han-no riflesso la storia contrapposta di più di mezzo secolo di libertà riconquistata: a sinistra, guardando verso la darsena, l'edicola democristiana, liberale, socialdemocratica del De Pasquali; a destra l'edicola socialista e comunista, diremmo quasi “frontista”, del Dellea. Vi era una sobria separazione tra le due componenti sociali, netta sì, con poche forme di mediazione, sì, ma non tanto da creare contrapposizione religiosa (un problema che oggi, purtroppo, conosciamo perfettamente).
Oggi facciamo finta che le ideologie siano morte ma chi dice e pensa questo sa perfettamente che, in realtà, si vive immersi nell'ideologia, oppressiva e assolutizzante, del profitto e del denaro. E allora diciamo che possiamo tranquillamente rimpiangere quel tempo e quella Portoferraio come una sorta di Brescello in salsa insulare e senza né Beppone né don Camillo (anche se poi il nome di qualche personaggio surrogato potremmo anche farlo…). Come dice il comune amico Sergio Rossi, l'Elba è un pezzo di meridione che, dopo avere galleggiato un po' in qua e un po' in là, si è casualmente fermata e ormeggiata di fronte alla costa toscana, assorbendo molta della cultura della regione, fiorentina e granducale prima, livornese e anarchica poi. In piccolo, è un'isola capace di offrire una sorta di distillato di mediterraneità, tra pensose stagnazioni e folgoranti accelerazioni (ma questo lo vedrete leggendo il libro…). Il libro vi offre, peraltro, una galleria di grandi personaggi, che Danilo ha conosciuto, a volte collocati a distanze siderali tra loro, da Enrico Berlinguer (da Danilo accudito nei suoi soggiorni estivi all'Elba) all'anarchico Vittorio Del Bono, al direttore del carcere Carlo Mazzerbo (con El pueblo unido nella suoneria della segreteria telefonica), a Oreste del Buono ambientalista e fino ad arrivare alle numerose e affascinanti figure femminili…
Senza volere offendere nessuno, in fondo, purtroppo o per fortuna non saprei dire, i modi di ragionare suoi, di tanti altri nostri coetanei e miei appartengono ancora all'Ottocento, periodo di analisi profonde e complesse, dal positivismo di Darwin, vera e propria base filosofica del capitalismo allora imperante, al pensiero di Marx, senza il quale i meccanismi dell‟economia politica (degli antichi e dei moderni) sarebbe rimasta priva di spiegazioni autentiche. Da queste filosofie promanavano visioni differenti e inconciliabili ma non si può dire che non ci fosse confronto, aspro e irriducibile quanto si vuole, ma pur sempre dialettico. Questa mentalità ha una impronta inconfondibile: quella dello schierarsi, sempre e comunque, dell'essere partigiani in quanto si prende parte sem-pre in modo attivo, mai passivo, in modo resistente, mai resiliente (considero la resilienza predicata ai deboli, agli emarginati, a chi ce la fa meno degli altri, uno dei più tossici inganni del nostro tempo). Nel mezzo c'è il Novecento, con quel primo mezzo secolo fatto di orrore puro, di fiumi di sangue, di dittature spietate, di violenza inammissibile, di stermini costruiti non su idee ma su aberranti volontà di sopraffazione e di negazione dell'umanità. Schierarsi è positivo, essere di parte (non faziosi!) è un valore. Questo, in fondo, Danilo ci insegna. Certo, avere a che fare con lui non è sempre semplice, anzi! E si può anche arrivare a confliggere e a litigare ma poi ci si chiama e si dice: “Senti, dai, vediamoci per un caffè e al Bar Roma e spiegamoci…”.
Dopo di ciò, dopo l'orrore, la mente del mondo ha in qualche modo ricominciato a funzionare. Dagli scritti di Danilo emerge il trentennio, forse il quarantennio, dal dopoguerra agli anni Ottanta, come il periodo in cui ci si è provato a ricostruire, insieme con le case, le strade, i ponti, gli ospedali e le scuole, anche società più giuste e inclusive, nelle quali i diritti, civili e sociali, si sono espansi in verticale e in orizzontale. Questo grande progresso, civile e sociale, è costato grandi lotte e grandi sacrifici ma si è, in qualche modo, compiuto. E se qualcosa abbiamo imparato è che, come non può esserci civiltà senza benessere sociale, così non potrà mai esserci sviluppo senza un progresso diffuso e coinvolgente. E questo è un pensiero che fa ben sperare, esattamente come l'invenzione della cabina libraria al porto di Portoferraio (presto se ne aggiungerà una seconda). Da una parte il rigore di chi pervicacemente persegue un suo progetto culturale e intellettuale anche a costo di baccagliare con Telecom per arrivare allo scopo (la lotta di classe funziona). Dall‟altra la fantasia, intesa nel senso di chi sa leggere il tempo e animarlo con la forza della pro-pria umanità.
Grazie, Danilo.