Stiamo assistendo, purtroppo, ad un declino di molte nostre attività industriali che hanno portato in passato la nostra Nazione a posizioni di prestigio a livello mondiale.
Alcune di esse sono importanti a livello strategico perché basilari per la sopravvivenza produttiva in caso di crisi internazionali.
Mi riferisco al penoso balletto di notizie sulla situazione dell’acciaieria di Taranto denominata “Acciaierie d’Italia” ex Ilva. Questo nome richiama la nostra isola, il cui nome latino era proprio quello; emblema della produzione di ferro sin dal tempo degli Etruschi (VII° secolo a.C.)!
Dal XIII° secolo a.C.,cica, il ferro subentrò al bronzo in varie parti del mondo a cominciare, sembra, dall’India e regioni limitrofe. Era più difficile ad ottenersi , rispetto al bronzo (rame + stagno) perché per fonderlo bisogna raggiungere maggiori temperature: circa 1800°C rispetto agli 800-1000 °C necessari per il bronzo.
Già gli Etruschi, mettendo strati di minerali di ferro e strati di carbone di legna in forni appositi, riuscivano ad ottenere, a circa 1000°C, un ferro spugnoso che poi battevano per estrarre le scorie (ferro battuto).
Sembra che i Cinesi, agli albori della produzione siderurgica, si fossero accorti che arricchendo con un po’ di carbonio il ferro, si otteneva un prodotto assai più robusto (acciaio); ma sarebbero dovuti passare quasi 3000 anni per avere una produzione industriale di tale materiale.
Nei secoli il ferro è stato associato al potere, alle armi e , quindi, alla conquista del mondo.
Nel Granducato di Toscana, i minerali di ferro, o semilavorati, erano trasportati nelle montagne del pistoiese dove esistevano numerose “ferriere” che disponevano di molto legname ed energia dall’acqua per ulteriori trasformazioni.
Il balzo decisivo per la produzione del ferro e del conseguente acciaio furono, nel XIX° secolo, due invenzioni: l’altoforno ed il metodo Bessemer.
Nell’altoforno vengono messi strati di minerale di ferro e di carbon coke utile per raggiungere temperature (1800-2000°C) alle quali il ferro si fonde e cola come “ghisa” (ferro con circa il 6% di carbonio),metallo duro ma poco tenace. Importante è sapere che il carbone serve per dare calore con la sua combustione, ma anche per ridurre gli ossidi di ferro (il minerale) a ferro. Per far ciò, naturalmente, il carbonio( sostanzialmente carbone) si ossida ad anidride carbonica che si aggiunge ai fumi di combustione. Un problema è che il coke va prodotto dal carbon fossile, esistente in natura, nelle “cokerie” annesse di regola all’impianto siderurgico. L’antracite od il litantrace (carbon fossili) vengono messi in gallerie rivestite di mattoni refrattari dove, ad alte temperature, “distillano” eliminando le sostanze volatili ( sostanze alchiliche ed aromatiche). Naturalmente le emissioni di una cokeria sono inquinanti e cancerose.
Henry Bessemer nel 1856 inventò un “convertitore” nel quale si introduceva la ghisa fusa proveniente da un altoforno e , mediante una lancia, si insufflava aria la quale ossidava molta parte del carbonio presente ad anidride carbonica che si allontanava in forma gassosa. Rimaneva la ghisa con poco carbonio ( < 1,7%) che era acciaio!
Tale materiale è molto più tenace della ghisa ed è idoneo ad essere sottoposto a vari tipi di forti sollecitazioni.
Nella seconda metà dell’800, la produzione dell’acciaio decollò e contribuì a cambiare anche il mondo civile con navi , treni , automobili aventi le strutture portanti in acciaio.
In Italia la prima grande acciaieria fu a Terni (1884) per opera di Breda e Brin.
Il 29 Luglio 1899 nacque a Genova la “Società anonima Elba di miniere ed alti forni” ad opera di Giuseppe Tonietti (ricco possidente di Rio Marina), Pilade del Buono (direttore delle miniere e deputato),Credito Italiano ed altri azionisti. Sede: Portoferraio. Prima pietra nel 1900 ed inaugurazione del sito produttivo nel 1902.
Nel 1905 nasce la società anonima Ilva che negli anni successivi, in occasione della prima guerra mondiale, acquisisce molte altre aziende cantieristiche tra le quali la sopra nominata Elba.
(continua...)
Giampaolo Zecchini