Domenica 14 Aprile le associazioni ambientaliste e culturali elbane si uniscono in cammino per sollecitare le istituzioni a salvare quel che resta la Torre del Giove.
Sono passati molti anni e niente è stato fatto, lo stemma è stato rubato e le condizioni generali del castello si sono ulteriormente degradate. Bisogna intervenire con urgenza per evitare che il Giove soccomba a un destino evitabile per non perdere anche quel poco che è sopravvissuto.
In argomento riceviamo da Lorenzo Marchetti e ricondividiamo un post pubblicato da ilVicinato.it il 26 gennaio 2011
La torre, costruita nel 1459 per opera di Jacopo III Appiani, era a forma rettangolare e completamente circondata da mura perimetrali e da un fossato.
A mezzogiorno si trovava l’entrata principale, un’apertura ad arco, piuttosto piccola e protetta dal ponte levatoio.
Sopra l'ingresso era affisso lo stemma marmoreo degli Appiani (dimensioni di metri 2x1 e dallo spessore di 30 centimetri), poi caduto nel fossato e trafugato alla metà dei nostri anni “60.
Il torrione che poggiava su una base cinta da mura a scarpa, si elevava in tre piani con soffitto a volta, mentre l'accesso si apriva a est, il terrazzo, scoperto e protetto da una merlatura, serviva principalmente per l’accensione dei fuochi di segnalazione.
Questa, infatti, era la principale funzione della Torre che tuttavia offriva rifugio anche agli abitanti dei paesi e delle campagne vicine.
Si racconta che nel 1553 il feroce Dragut fece cadere il fortilizio con l'inganno, promettendo salva la vita ai terrorizzati del villaggio di Grassera, lì rifugiati, ma una volta che si arresero, il pirata li face mettere ai ceppi.
Le strutture della Torre furono danneggiate agli inizi del 1700, quando il governatore spagnolo di Longone ne ordinò la distruzione.
Al maniero del Giove, o del Giogo, sono legate alcune leggende come quella della giovane castellana Simonetta Cattaneo, la celebre modella del Botticelli per “La nascita di Venere”. Questa aveva ricevuto in uso dal cognato Jacopo III una porzione della “montagna del ferro” e nel 1475 abitò nel maniero del Giove cercando fra quell’aria salubre un giovamento al mal sottile (la tubercolosi) che tuttavia la portò alla morte pochi mesi dopo, a soli ventitré anni.
Oppure, l’altra leggenda, quella che si rifà al secolo successivo, in cui si narra come nel castello fossero imprigionati, per poi essere uccisi, gli amanti abbandonati da Isabella Mendoza, la reggente del principato di Piombino. Si dice che nelle notti di luna piena si sentono ancora i loro lamenti, lo schioccare delle fruste e lo sbattere delle catene.