La rassegna letteraria Autorə in Vantina, promossa, ideata e organizzata dal Comune di Capoliveri e dalla libreria MardiLibri di Portoferraio, in collaborazione con la Pro loco di Capoliveri, giunge quest’anno alla quarta edizione.
Otto gli incontri previsti per il 2024. Ospiti della rassegna, in ordine di apparizione, saranno: Federico Faloppa, Vera Gheno, Vanessa Roghi, Andrea Bonifazi, Nello Scavo, Massimo Canino, Giulia Paganelli, Roberto Ciccarelli.
In un ideale prosieguo delle edizioni precedenti, quest’anno si parlerà ancora di linguaggio, in particolar modo di linguaggio d’odio e dei possibili strumenti per disinnescarne la violenza, così come della possibilità di cambiare la lingua che utilizziamo quotidianamente. Si parlerà di educazione e di emancipazione, di diversità e stereotipi, di potere e politica. Ma si parlerà anche di mare, soprattutto del Mediterraneo sconosciuto, sia per quanto riguarda gli ecosistemi delle profondità abissali, sia per i sempre più loschi traffici di vite umane che si svolgono ormai da troppo tempo nelle acque del Mare nostrum.
Lunedì 6 maggio la rassegna verrà presentata in anteprima presso il Teatro Flamingo di Capoliveri. Alle ore 18:00 Federico Faloppa, docente di Italian Studies and Linguistics presso il dipartimento “Language and Culture” dell’Università di Reading (UK), presenterà in forma di monologo il suo “La farmacia del linguaggio. Parole che feriscono, parole che curano” uscito in volume per le Edizioni Alphabeta Verlag nel 2022.
Il testo è frutto di un intervento che Faloppa ha tenuto il 27 gennaio 2022 a Bolzano, in occasione della Giornata della memoria. Un intervento durante il quale ha affrontato il problema del linguaggio d’odio, provando “a tracciare un percorso che dalla lingua come arma, strumento di offesa, luogo di discriminazione, arrivi alla lingua come risorsa collettiva di consapevolezza, riflessione, cura”.
Giocando sull’ambivalenza del termine greco phàrmakon (ovvero di una cosa che può, a seconda del grado e del dosaggio, agire come medicina o come veleno), nel suo monologo Faloppa giunge a guardare nell’abisso che sta dietro agli automatismi e alla violenza indifferente della lingua, ovvero dietro a quella funzione magica (costituita da “atti verbali”, come formule di comando) che è in larga parte, se non totalmente, responsabile di quel che siamo.
La lingua ferisce e cura, dice Faloppa. Da un lato la sua azione è tendenzialmente fascista, discriminante, in grado di deumanizzare; e la sua innata violenza sembra essere ovviamente cresciuta di pari passo con la libertà d’espressione. Dall’altro lato, per fronteggiare un assalto che proviene dalla nostra stessa umanità, non pare esservi altra possibilità se non abitare la lingua fino alle estreme conseguenze, cavalcarne l’ambivalenza, provando a volgere il veleno in cura.
Una partita quanto mai ardua e impervia, si dirà; da giocare su un terreno sleale, enigmatico, che mette in moto mondi e scatena forze polivalenti (Heinrich Bӧll cit. dal testo).
Si tratterebbe, sostanzialmente, di misurarsi con un oscuro atto fondativo (“il primo umano che scagliò un insulto al posto di una pietra fu il fondatore della civiltà”, attr. a S. Freud) al quale siamo debitori del vivere in comune.
Angelo Airò Farulla