La prima dello spettacolo messo in scena al Teatro dei Vigilanti Renato Cioni dalla Compagnia del Registro, mercoledì 5 giugno, era una commedia impegnativa, la più cara a Edoardo de Filippo: “Filomena Marturano”.
Un’impresa difficile per dei non professionisti, che li ha visti alle prese con lunghi dialoghi e innumerevoli precedenti interpretazioni di attori e registi iconici.
I nostri sono una compagnia locale di non professionisti, ma evidentemente non sono dilettanti, e quelli tra loro che si sono esibiti per la prima volta si è visto quanto siano stati potentemente ispirati dagli attori principali.
Non abbiamo assistito a folklore né ad una già sentita ripetizione di battute mandate a memoria, bensì all’espressione di sentimenti umani profondi che hanno scandagliato l’animo di chi abbia assistito con partecipazione emotiva e sensibilità allo spettacolo.
Negli attori traspariva l’emozione e la poca familiarità col palcoscenico, ma quella che poteva essere una difficoltà si è risolta con la passionalità e il desiderio di esserci di ognuno di loro. Ben strutturati i caratteristi, e altrettanto bene impostati gli attori principali da una regia senza fronzoli, in perfetta sintonia con la scenografia sobria, dignitosa e dimessa, com’era la realtà sociale dell’Italia del dopo guerra.
Gina Petricciuolo ha interpretato Filomena con limpida spontaneità popolare, esprimendo senza sfilacciamenti barocchi i valori eterni e insindacabili della maternità e del riscatto morale.
Un’interpretazione autentica e sentita che ha trovato un’ampia risonanza nei cuori degli spettatori, una potenza emozionale che ha scavalcato qualsiasi difesa cognitiva del pubblico.
Gennaro Squillace, napoletano colto e verace, ha portato in scena la conversione di Domenico Soriano, anima prigioniera di vizi e pregiudizi non solo maschili, ma infine piegata alla virtù dalla potenza dell’amore filiale. Ironico e tragico insieme, sagace e capace come un attore consumato, ha cavalcato il palcoscenico come fosse casa sua. E forse il Gennaro attore era a casa, non tanto per la sua spiccata napoletanità, piuttosto perché, attingendo alle profondità del suo animo, come diapason ci ha fatto partecipi di qualcosa che giace in ognuno di noi, quella umanità che cerca l’amore, ma lo cerca nei modi e nei luoghi sbagliati, che lo confonde con l’erotismo per poi scoprire che non c’era niente da cercare, perché l’amore è la legge che governa l’universo, di cui Mimì, come tutti noi, è solo un piccolo, fondamentale granello di sabbia.
Si replica stasera alle ore 21 al Teatro dei Vigilanti e il 18 giugno alle 21:30 al Teatro delle Miniere a Rio Marina.
Graziano Rinaldi