“Quale Elba per il Futuro” e come “Fare Turismo Culturale” con la consapevolezza della sua Storia e della sua Cultura ma anche con la consapevolezza che intimamente sarei sollecitato a modificare il Tema da me scelto da “Fare Turismo Culturale” a “Sfare Turismo Culturale”. Il Boiardo nel suo imponente prologo dell’Enrico V° dimostra come un semplice zero contribuisca a un sì grande totale così, in altra maniera, mi viene spontaneo constatare come la semplice consonante S possa ribaltare un termine nobile come il “Fare” in quello più dispregiativo di “Sfare”. Sfare ha sinonimi poco edificanti come sfasciare, disfare, sciogliere tanto da far apparire il termine “distruggere” quasi più nobile nella sua visione rivoluzionaria.
E di questo ne sono convinto. Sono convinto che all’Elba si possa sfare il turismo culturale. Pessimismo questo mio? Ma quando mai! Semmai realismo!
Per natura sono portato a cercare nel cielo annuvolato quello spicchio di sole che nascosto c’è sempre comunque e seppure, parafrasando Bruce Chatwin, mi sia chiesto ma “di cosa parlo oggi qui” ho visto anche l’immagine di quello scrittore inglese che con le scarpe legate a tracolla si incammina verso quello che deve ancora venire sfidando il presente nella consapevolezza del passato e allora mi sono messo anche io le scarpe a tracolla e mi incammino.
Mi incammino assieme a quella vitalità dei giovani di cui l’isola è generosa, mi incammino assieme a loro a al nostro passato.
Il nostro futuro sta nel nostro passato come la Cultura sta in ciò che ci ha preceduto. Solo con questa consapevolezza potremo avere l’ambizione legittima di costruire un’Elba nobile per suo Futuro.
Prima di entrare nello specifico del mio argomentare e cercando di far comprendere come si possa e debba guardare al nostro passato ripropongo alcuni brevi brani tratti dalle memorie di Carlo Montani scritte nel 1925 ricordando la Sua venuta all’Elba anni prima:
“…Partimmo nei mesi caldi del 1900 da Civitavecchia a bordo del Cipro ed eravamo, come ho detto, poco più di una ventina tra artisti e giornalisti. Ne facevano parte Giulio Monteverde, Adolfo Apolloni ed Ettore Ferrari tre scultori illustri e poi Filiberto Petiti, il pittore spagnolo Josè Beulhure, Cesare Biseo e poi ancora Vamba, Cesare Pascarella insieme a un campionario scelto di capi-scarichi più accreditati del Circolo Artistico di Roma. Che cosa sia accaduto su quel piroscafo durante i cinque o sei giorni di crociera nell’Arcipelago Toscano io non saprei oggi raccontare: ho come l’impressione di un pranzo continuo iniziato al momento in cui si salpava e terminato quando si gettava l’ancora, un lungo pranzo senza neanche una mezz’ora di sonno con scherzi interminabili, travestimenti, inseguimenti da poppa a prua, sul ponte e sottocoperta e soprattutto l’oblio completo di ogni amarezza di questo basso mondo.
Però, in mezzo a quelle giornate indimenticabili passate a scoprire l’Elba con le sue miniere, le sue tonnare, la villa di Napoleone a San Martino e le sue vigne nane così celebrate, la visione del Poggio, ospiti dell’onorevole Del Buono, mi è rimasta così nitida che saprei andarci ad occhi chiusi per rimanervi, come allora, a bocca aperta. La sua bella villa diverrà la direzione della Stazione di Cura Termale che sta per sorgere nell’isola d’Elba e a Poggio dove l’aria balsamica e l’acqua purissima faranno di questo paese un’altra gemma da aggiungersi alla preziosa collana delle stazioni salutari d’Italia e non è difficile prevedere che attorno alle Terme sorgeranno ville, luoghi di convegno e luoghi di benessere essendovi a disposizione un’ intero paese, e un mare di prim’ordine ricco di pesca e di arenili per bagni, nonché un monte in piena regola che con suoi 1000 metri di altezza può dare – volendo – tutte le emozioni del Monte Bianco…”
In queste memorie di oltre cento anni addietro già ci sono le indicazioni e le peculiarità per quel turismo che poi si andrà realizzando con i Moneti e i Cacciò negli anni cinquanta e con particolare riferimento al versante occidentale dell’isola. Peculiarità come le miniere, le cave, le Ville Napoleoniche, le vigne nane, le tonnare, il mare cristallino ricco di pesca e gli arenili, le sue montagne granitiche e le isole che le fanno da corona. Indicazioni come le Terme che poi saranno realizzate da Beppino Cacciò.
Indicazioni come il concetto di albergo diffuso che poi coinvolgerà un’ intero paese con i suoi abitanti. Indicazioni come quel turismo scelto che su quel piroscafo si trovava per venire a vedere tutto quanto poco sopra elencato. Un piroscafo di buffoni, di capi scarichi ma che altro non erano che Senatori del Regno, Giornalisti delle più importanti “Testate” nazionali, Scultori che indicavano l’ Arte di quel tempo e Scrittori che andavano scrivendo quanto ci ha allietato poi nelle nostre letture come “il Gian Burrasca” e “ vi scopro l’America e torno”. Ma in quelle indicazioni, seppur leggere e giocose, si sente il PROGETTO.
Non un progetto ma il progetto
E anche qua, come la consonante dell’inizio, un articolo cambia completamente il significato di un termine.
E all’Elba negli ultimi anni si è sentita, appunto, l’assenza del Progetto con la P maiuscola che abbia potuto avocare a se le miriadi di frazionati progetti spesso senza identità propria, senza corpo e purtroppo senza anima.
L’Elba negli ultimi anni ha saputo disperdere il suo patrimonio culturale.
Non ha saputo celebrare centenari che avrebbero degnamente ricordato Giuseppe Pietri e la ricorrenza della nascita del Cinema nella figura di Nello Santi.
Ci riteniamo, noi elbani, dei “ganzi” nell’accezione del termine non di “amante” ma di “simpaticamente in gamba”. E tali da risolvere tutto all’ultimo minuto. Infatti Pietri fu ricordato con la sola messa in scena di “Acqua cheta” e racimolando all’ultimo momento una spaurita compagnia lirica sarda che seppur brava si trovò in serie difficoltà nell’esprimersi in un fiorentino forbito come l’operetta richiedeva. E Nello Santi a “babbo morto” come si dice in toscana e per meglio esprimermi alla sua dipartita quando invece avrebbe potuto fare da catalizzatore per tutti i grandi registi che avevano lavorato con lui e per lui sarebbero venuti a parlare dei loro films come “Mani sulla città” di Rosi “L’avventura” di Antonioni e ancora “Salvatore Giuliano” “ Matrimonio all’italiana” e così via elencando.
C’è stato il Bicentenario di Napoleone di cui si conosceva da duecento anni il giorno, il mese, l’anno e la sua durata. Un Bicentenario che avrebbe dovuto avere anima, corpo, spessore culturale oltre che essere corda trainante di quel turismo che vede ancora nell’Imperatore un riferimento per il proprio immaginario.
Parlo del Progetto con l’articolo il e non della miriade di frantumati piccoli progetti che vogliono assurgere tutti a protagonismo e che avrebbero avuto invece un senso compiuto se inseriti all’interno di una idea catalizzatrice.
Ci saranno i Musei. Ma quelli ci sono sempre stati.
Ci saranno le sfilate storiche. Ma quelle ad ogni ricorrenza hanno sempre ben figurato.
Ci saranno quelle cene dal menù napoleonico ma anche queste da qualche anno a questa parte vengono realizzate offrendo agli ospiti pietanze che il pessimo connaisseur quale era Napoleone mai avrebbe saputo apprezzare.
Tutto questo e altro ben venga ma quale folclore a integrazione del PROGETTO che spesso risulta essere assente nelle cosiddette varie e improvvisate programmazioni.
Produrre cultura. CULTURA!!!
Parola questa che mette paura.
Eppure è un termine che deriva dal verbo colère, "coltivare" con il quale gli isolani hanno per secoli convissuto.
L’Elba è stata per anni “coltivata” e “disegnata” con i suoi salti, i suoi muri a secco, i suoi castagneti, i suoi vigneti che in altre terre, neppure lontane, altri hanno conservato e valorizzato e addirittura proposto come fonte di turismo.
C’è stata un’epoca in cui il turismo pionieristico ha convissuto con tutto questo. C’è stata un’epoca in cui il turismo egoistico ha rinnegato tutto questo proponendosi con una “cultura” e un “disegno” da cartolina.
Il futuro invocato per quale Elba non è poi così tanto lontano.
E’ accanto a noi dove è sempre stato ma che ci siamo dimenticati di vederlo perché spesso “l’erba del vicino è sempre più verde”.
Ma la nostra Terra, l’isola non solo è più verde ma è anche bianca e rossa. Rossa come le sue miniere, bianca come le sue cave di granito, verde come le sue vallate e i suoi boschi che fanno esclusivo il suo territorio.
Territorio disseminato da testimonianze uniche che spesso sfuggono agli sguardi disattenti.
E sfuggono perché dimenticate da coloro che invece ne dovrebbe preservare la presenza per passare il testimone a chi verrà.
Siti preistorici e archeologici abbandonati e avvolti da rovi che altri, senza clamore ma con passione e dedizione avevano, neppure molti anni fa, rimosso e estirpato per portarli a nuova vita; testimonianze storiche che si lacerano su montagne e che boccheggiano tra il verde incolto; strutture oramai da archeologia industriale; cappelline extra moenia che pausano ancora le antiche strade selciate spesso neppure segnalate nelle guide ufficiali; e ancora case affrescate a testimonianza di come i nostri antenati contadini sapessero “coltivare” anche l’estetica con animo sensibile; e poi Monumenti, Santuari e così via. Fornaci che disseminano con la loro terra rossa l’intera isola nel numero di cinquanta e oltre e che si identificano e si ritrovano in quella detta “della Ballerina” a Nisporto e assurta a loro simbolo. E pensare che nel foyer dell’Operà di Odessa vi è una targa con orgoglio posta a memoria che là vi danzò l’etoile Lucia Galli, nostra conterranea ai più e ai molti di noi sconosciuta.
Un’isola l’Elba che possiede molto di più di tante altre ma che spesso non sa di avere. Forse meglio dire che spesso i suoi abitanti non sanno di avere.
In uno studio di pochi anni addietro proposi percorsi ricchi di testimonianze archeologiche che vanno dai primi insediamenti preistorici a quelli etruschi e romani; di presenze architettoniche che segnano l’incidenza di cultura genovese, lucchese, pisana, fiorentina, spagnola e francese; di attività agricola, di attività estrattiva, di attività lavorativa a partire da quella sulla fusione del ferro a quella del granito ad arrivare a quella della calce. Percorsi che rientrano in un territorio unico nel suo genere perché felicemente concluso nella dimensione perimetrale. Unico perché può essere disciplinato da strumenti territoriali importanti quali il Parco dell’Arcipelago Toscano, il Parco Minerario, il Parco del Granito che potrebbero imporsi con la loro precipua identità su tutti i Piani Strutturali degli otto comuni elbani che si suddividono politicamente e frammentano quest’ isola. Percorsi su cui impostare interventi di salvaguardia paesaggistica, interventi di restauro edificatorio e pittorico, interventi di ripristino e rivalutazione.
Percorsi su cui impostare allestimenti museali di indirizzo archeologico, archivistico, naturalistico, storico ed etnografico potenziando ciò che già esiste e allestendo ex novo quanto aspetta sia fatto.
Dilatare la concezione del museo limitato “ tra quattro mura” e spingersi nel territorio perché, e non sembri una battuta, anche Napoleone sarebbe stato in pieno accordo; Lui che tra le “quattro mura” quando poteva non ci stava neppure preferendo a queste lo stare sotto la tenda all’ aria aperta o meglio “ dormir à la belle étoile”.
Quanto riportato per creare un sistema Elba riferito alle risorse culturali da realizzare dal punto di vista promozionale ma anche quali poli turistico - culturale imperniati sui territori prospicienti ove siano presenti non solo testimonianze affini ma testimonianze della Storia dell’Elba nella sua complessità e del territorio tutto per favorirne uno sviluppo integrato. Proposta, come occasione in più, perché la volontà politica si muova verso l’Uomo che rispetta l’Ambiente, che ama la sua Storia, che è orgoglioso delle proprie origini, l’Uomo la cui CULTURA è basata anche sulle piccole cose di cui è disseminata la nostra vita; verso l’Uomo che grida con forza contro la dispersione dei valori storici e contro il degrado ambientale. Come in una carta di Archivio una macchia di inchiostro può cancellare la nostra presenza dal documento e dalla Storia stessa così anche una apatica indifferenza ottiene sul Territorio identico risultato . Progettare un SOGNO per farlo diventare REALTA’.
Paolo Ferruzzi