Interessanti spunti possono nascere dallo studio dei nomi botanici utilizzati in passato all’Elba.
Alcuni di essi sono caratterizzati dall’avere il genere femminile, chiara derivazione della lingua latina che lo utilizzava forse perché le piante sono «madri» dei loro frutti.
Tale caratteristica, suggestivamente arcaica, la si ritrova anche in Corsica e, in misura minore, in alcune aree del Meridione italiano.
All’Elba si riscontravano la «leccia» (ossia il leccio, dall’accusativo femminile latino «ilicem»), la «fica» (il fico, dall’accusativo femminile «ficum») con il diminutivo «ficuccia» e «ficarella», la «noce» (ossia il noce, dall’accusativo femminile «nucem»), la «pinocchia» (ossia il pino domestico, dall’accusativo femminile «pinum»), la «sambuca» (il sambuco, dall’accusativo femminile «sambucum»), la «vétrice» (ovvero l’agnocasto, dall’accusativo femminile «viticem») e infine l’«embre» o «ènnere» (il citiso, dall’accusativo femminile «emerum»).
La diffusione di queste piante nel territorio elbano diede origine, dal Medioevo, ad una serie di toponimi come ad esempio la Leccia, la Leccia di Carratigliano, la Leccialza, la Valle alla Leccia, il Prado alla Leccia, le Fiche di Michelone, la Valle della Fica, la Ficuccia, il Poggio alle Ficarelle, la Valle della Noce, la Tozza alla Noce, il Serrone della Noce, il Rio della Noce (poi Redinoce), la Pinocchia, la Valle del Pinocchiello, la Sambucaccia, la Vétrice di Bogio, il Vetricaio, le Emerete e la Pente all’Ènnera.
Silvestre Ferruzzi