In occasione della Giornata contro la violenza delle donne, invitato dall’Università del Tempo Libero, ho voluto ricordare la figura di Annarita Buttafuoco e l’importanza dell’opera da lei svolta a favore del femminismo e della sua storia, con ricerche e studi che ancora oggi mantengono intatta la loro attualità.
Più recentemente, sabato scorso, durante l’interessante convegno organizzato dall’Associazione culturale sarda “Bruno Cucca” nella sala “Nello Santi” a Portoferraio, ho ritenuto opportuno intervenire di nuovo, imitandomi a rendere pubbliche le mie riflessioni sui rapporti personali che nella seconda metà degli anni ’60 mi videro dialogante e amico di Annarita.
Così, la ricordo, molto studiosa, ottima ballerina, che cantava con voce intonatissima e amava disegnare. Iniziò presto a interessarsi al sociale e ciò non poteva evitare che spesso ci incontrassimo a discutere di politica, lei cattolica progressista ed io giovane “rivoluzionario” di sinistra.
Frequentava la parrocchia e i gruppi di giovani che vi si addensavano.
Animò un’esperienza di “messa beat” che, pure nella sua assoluta innocenza e semplicità, nella sua totale innocuità, fece un certo scalpore. Diede il suo contributo, da leader – questa stoffa l’ha sempre avuta – quando con suo fratello Marco riunì un gruppo di liceali per aiutare gratuitamente, attraverso corsi serali, alcuni giovani a conseguire la licenza di terza media. Furono corsi assai frequentati, prima nel Circolo “Silvio Pellico”, poi addirittura nella scuola del “Grigolo”.
Amava la casa e le regole del galateo, cucinava divinamente e aveva interesse per il ricamo, ma già allora, in ogni atto, si avvertiva in lei la passione della militante femminista.
Nel 2007 il Comune di Portoferraio ha posto una targa ricordo a suo nome nel piazzale antistante l’Istituto Tecnico “Cerboni”. Opera meritoria, ma credo che Annarita Buttafuoco, per quel che è stata e per quello che ha fatto, meriti molto di più. Spesso gli elbani e le istituzioni pubbliche dell’isola, dimenticano o non valorizzano abbastanza personaggi figli di questa terra che altri, nel mondo, per l’importanza delle loro opere, esaltano e apprezzano, facendone oggetto di straordinarie e periodiche iniziative di notevole spessore culturale. Ben venga, per questo, l’impegno della comunità sarda di produrre un documentario sulla vita e le lotte di Annarita, affidato alla competente regia di Stefano Muti. Perché Annarita fa certamente parte di quella schiera di personaggi protagonisti del loro tempo a cui prestare più attenzione, per farla conoscere alle nuove generazioni o a chi non ne avesse memoria, oggi più che mai, vista l’attualità e il rilevante interesse della politica e della società per le problematiche e i dilemmi su cui lei si era arrovellata nel corso della sua esistenza, breve ma intensa, bruciante di passione laica.
Danilo Alessi