Il morto con le scarpe
In quegli anni, e fino ad un buon tratto del '900, si costumava tra i riesi morire in casa.
Ai defunti era fatta la veglia notturna e la salma era vestita di tutto punto, comprese le scarpe.
Oggi mi soffermo su quest'ultimo particolare: il morto con le scarpe.
Della veglia notturna, e del suo particolare rituale, invece, racconterò in un’altra occasione.
Calzare il defunto era una pratica dettata da una superstiziosa credenza popolare.
Quelle calzature, infatti, avrebbero consentito all'anima del caro estinto di compiere l'ultimo cammino e raggiungere agevolmente l'aldilà.
Ma non solo, poiché esporre il corpo del proprio congiunto trapassato senza scarpe, era segno di povertà economica di quella famiglia.
Tuttavia all’epoca, siamo negli anni ’30 del novecento, non era facile a casa possedere un paio di scarpe lucide e del numero giusto.
Così, quando morì il babbo, Vittorio andò alla bottega di Carlo il calzolaio e scelse un bel paio di scarpe nere.
Sì, erano proprio belle, ma come pagarle? Soldi in casa non ce n’erano e la miseria si tagliava a fette, però quelle scarpe ci volevano.
Ma cos'è il genio? - "È fantasia, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione" - come recitava l'impagabile film "Amici Miei".
Così Vittorio, senza far sapere a chi erano destinate quelle scarpe, disse al calzolaio:
“Carlo, ora i soldi non ce l'ho, te le pago quando te le porto per risolarle!”
Carlo attese invano sia il compenso per la risolatura sia i soldi del prezzo delle scarpe».
Lorenzo M.