Fu dalla prima metà del Seicento che nella miniera di Rio, per migliorare le operazioni di imbarco del minerale, anche in condizioni di mare più mosso e forse per permettere anche ad alcuni bastimenti di attraccare, si pensò di costruire un primo pontile ligneo, poggiante su pali di pino fissati al fondo marino. Notizia sicura di esso si ha da un documento del 1643. Di questo molo, lungo circa 55 metri e largo circa 3 e mezzo, abbiamo anche una particolareggiata descrizione del 1817: “contiene 102 paloni, 66 dei quali sono buoni e 36 cattivi […] è coperto di 23 canne e mezzo di tavole, 11 delle quali sono buone e 12 e mezzo cattive […]. Le andane dei lati e quelle di traverso compongono un totale di braccia 748 [circa 436 metri], un terzo delle quali sono cattive. I perni gli giudichiamo libbre 6 per ciascuno ed essendo 36, libbre 216. Le punte di ferro che contiene ciascun palone essendo numero 102 di libbre 7 ed in tutto libbre 714”.
Nell'inverno del 1825 il pontile crollò, e venne subito ricostruito. E non doveva essere l'unica volta a rimanere danneggiato da mareggiate o traversie varie, o comunque ad essergli apportati lavori di miglioramento. Rileva infatti Gastone Garbaglia: “Questo pontile, più volte ricostruito, esisteva ancora nel 1874, anno in cui, per eliminare la caricazione a spalla, ne fu rifatta la piattaforma superiore mettendola a livello, in modo che era [sic] possibile caricare passandoci sopra le carrette. In seguito per agevolare ancora il lavoro furono applicate delle guide in ghisa a forma di U nelle quali entravano le ruote delle carrette”.
La continua crescita dell'esportazione di minerale costrinse a passare a più efficaci sistemi di imbarco. Così il direttore Vincenzo Mellini progettò la costruzione di cinque pontili metallici dotati di binari e della lunghezza sufficiente affinché le loro testate raggiungessero la profondità di almeno 5/6 metri, per permettere l'attracco di bastimenti e caricare direttamente il minerale dai vagoni, tramite tramogge. Mellini calcolava che in questo modo ogni pontile fosse in grado di imbarcare almeno mille tonnellate al giorno. L'ingegner Fabri afferma che il carico diretto del minerale sui bastimenti era un notevole risparmio economico rispetto a quello passato tramiche barche: il costo totale era di 60 centesimi, “con la spesa di L. 0,20 a tonnellata per il trasporto dai depositi alle navi stesse e con un aggravio valutato in L. 0,40 a titolo di eventualità e d'interessi e d'estinzione del capitale”.
Così nel 1871 a Rio Marina fu costruito il primo pontile metallico, lungo 63 metri. Lo descrive Garbaglia: “Questo ponte era appoggiato su colonne di ghisa infisse in mare e, provvisto di due binari, permetteva la caricazione coi vagoncini; la sua potenzialità risultò di circa 700 tonnellate giornaliere, quantità molto rilevante in relazione di quelle che normalmente facevano i pontili con la caricazione a spalla. Il ponte metallico di Rio fu in seguito riparato diverse volte ed infine ricostruito nello stato attuale [oggi non esiste più, essendo stato smantellato nel dopoguerra] sostituendo le colonne di ghisa con pigne di grosse rotaie infisse sul fondo marino. In questa occasione il pontile fu anche allungato per poter permettere l'attracco a bastimenti più grossi ed in seguito fu posta, sulla testata, una gru elettrica da 7 tonnellate per servire alla discarica dei materiali occorrenti per la lavorazione delle miniere”.
Nel triennio 1874-76 furono impiantati altri tre pontili, sempre a Rio Marina, a Vigneria e capo Pero, quest'ultimo a servire la miniera di Rio Albano e terminato nel 1876. Nelle miniere riesi dunque risultavano, nel 1887, due pontili a Rio Marina, due a Vigneria, due a capo Pero, uno al Portello e uno a Rio Albano. Questi ultimi due erano però piccoli, in legno, il cui caricamento era semplicemente a braccia. Esisteva inoltre un piano inclinato al Malpasso, a nord di Vigneria, che caricava il minerale del Giove direttamente sulle barche, tramite mastelli della portata di 140 chilogrammi.
Il secondo pontile di Rio Marina, lungo 70,5 metri, era in legno, anch'esso a doppio binario, ma con vagoncini della capacità di un terzo di tonnellata, a differenza di quelli che servivano il pontile metallico, che potevano caricare due tonnellate. A Vigneria fu restaurato il vecchio pontile in legno, lungo 52 metri, inserendovi guide in ghisa per farvi passare, su doppio binario, i vagoncini della capacità di un terzo di tonnellata. Come detto ne fu costruito un altro, parte in cemento e parte metallico, lungo 58 metri e dotato di tre binari per vagoncini della portata di una tonnellata. I due pontili di capo Pero erano in legno e, quello nuovo, metallico. Questo era lungo 27,5 metri e a tre binari, su cui correvano vagoncini del carico di 250 chilogrammi. Fabri però dice che “sia per difetto nell'impianto, sia per difficoltà di approdarvi, finora non ha servito”.
Il direttore Mellini aveva chiesto all'amministrazione societaria di dotare di pontili anche Terranera e soprattutto Calamita, dove era stato progettato un pontile altrettanto grande, da costruirsi a Pareti, dato che la miniera acquistava crescente importanza. Ma una commissione del ministero delle finanze, che nel 1872 doveva valutare i progetti presentati, approvò solo i pontili riesi, e le altre due miniere continuarono a essere dotate di piccoli moli. Va detto infatti che in quegli anni si ventilava il progetto, poi abbandonato, di collegare per ferrovia le due miniere al porto di Portolongone.
A Calamita, nel decennio successivo, la situazione per quanto riguarda gli imbarchi era solo leggermente migliorata, dato che l'ingegner Fabri scrive, nel 1887: “Negli ultimi anni decorsi però si costruì quivi, sotto la cava delle Francesche, un piccolo molo, ove si manda il minerale per un piano inclinato e si può caricarlo sulle navi, con trasbordo se grandi, senza trasportarlo alla cala dell'Innamorata”. Tuttavia definisce questo piano inclinato “piuttosto imperfetto”. E anche il pontile ligneo dell'Innamorata è alquanto antiquato, se i “bastimenti si caricano a spalla d'uomo se piccoli, o per mezzo di barconi e per trasbordo se sono di grande portata”. A Terranera invece l'ingegnere segnala tre pontili in cui l'imbarco si faceva a spalla su piccole barche, che trasbordavano ai grossi bastimenti, per un costo di 1,80 lire a tonnellata.
Con i pontili metallici fu possibile far accostare grosse chiatte per il trasporto del minerale, che portavano tra le 30 e le 40 tonnellate a viaggio, e venivano chiamate “lacconi”. Inoltre sui pontili potevano essere fissati binari, che permettevano il passaggio di piccoli vagoni spinti a braccia, detti “carrette correnti”, caricati dai cottimisti addetti al cosiddetto cumulo. “Quest'ultimo elemento di costo, la caricazione del minerale sui bastimenti,” scrive Alessandro Canestrelli, “era un prezzo in più da pagarsi direttamente alla compagnia dei “caricatori”, in quanto il prezzo del minerale era computato alla spiaggia e tale spesa era a carico del comandante la Spedizione, cui però spettavano delle stallie per eventuali ritardi sull'imbarco del minerale”.
Fabri fornisce un'interessante statistica sui giorni d'imbarco dei cinque pontili, nel decennio 1873-83: il più attivo è quello Rio Marina, in media operativo oltre i 200 giorni l'anno; segue Vigneria, di poco inferiore ai 200 giorni; quello di Rio Albano, intorno ai 110 giorni; quello di Terranera, quasi sempre attivo intorno ai tre mesi l'anno; e infine quello di Calamita, che raramente è attivo due mesi l'anno.
Un'altra statistica del 1878, redatta dall'amministrazione delle miniere, illustra bene la situazione di quegli anni: “Il Minerale si carica, agli scali di Terranera, di Rialbano e di Calamita a spalla d'uomo: agli scali di Rio a spalla d'uomo, e mediante carrette e vagoni su ruotaje concave o convesse; allo scavo del Giove mediante ferrovie funicolari sospese; allo scalo di Vigneria a spalla d'uomo, e mediante vagoni su ferrovie; e a quello di Capopero con carrette su ruotaje concave. L'Amministrazione dispone di 13 ponti caricatori fra grandi e piccoli per l'imbarco del Minerale. Per mezzo di essi si potrebbero, volendo, imbarcare in una giornata di lavoro nei mesi estivi, operando contemporaneamente su tutti gli scali, da 3000 a 4000 Tonnellate. I più notevoli fra detti ponti sono quelli recentemente costruiti in ghisa, ferro e legno; cioè quello di Rio con ferrovia a due binari e vagoni della capacità di 2000 chilog., al quale si possono imbarcare in un giorno su battelli da travaso da 600 a 800 Tonnellate: quello di Vigneria o Cavina con ferrovia a tre binarj e vagoni della capacità di 1000 chilog. al quale si possono imbarcare in un giorno, contemporaneamente su due bastimenti grossi, da 800 a 1200 Tonnellate: quello di Capopero (che in breve sarà ultimato) con ferrovia a tre binarj e carrette della capacità di 250 chilog. al quale si possono imbarcare in un giorno da 600 a 1000 Tonnellate: e quello del Giove o Malpasso, con ferrovia funicolare sospesa, e mastelli della capacità di 250 chilog. al quale si possono imbarcare da 600 a 1000 Tonnellate”.
Il salto di qualità verrà però fatto con l'inizio del nuovo secolo, quando a più moderni pontili saranno connessi innovativi impianti teleferici, come vedremo nella seconda parte.
Andrea Galassi