Un ulteriore slancio a un più efficace caricamento delle navi fu dato agli inizi del Novecento, dalla società Elba, con l'ampliamento e la miglioria di molti pontili. Su progetto del direttore delle miniere Cortese fu costruito l'impianto teleferico del pontile di punta Rossa, nella miniera di Calamita, sul prototipo ideato dalla ditta tedesca Adolf Bleichert & C. di Lipsia, e realizzato dall'azienda milanese Ceretti-Tanfani. Retto da quattro piloni metallici, era dotato di cavi portanti di 19 fili intrecciati, di 20 millimetri di diametro; mentre i cavi traenti erano di 10 millimetri. I carrelli avevano una capienza di 800 chilogrammi. La teleferica era lunga 277 metri, con un dislivello di 92 metri, una pendenza minima del 34% e massima del 41%. Infine la produzione garantiva 8 tonnellate per 10 ore di attività.
Scrive Alberto Riparbelli: “Il collaudo dell'impianto risultò tanto soddisfacente da spingere l'ing. Cortese a scrivere alla ditta: “ho il piacere di certificare che le prove fatte su la ferrovia aerea di Punta Rossa hanno dimostrato che può trasportare, come da Vs. garanzia, 100 tn al giorno”. L'opera fu talmente riuscita, che i costruttori milanesi pubblicarono un opuscolo in tre lingue (italiano, francese e tedesco) per illustrarne, con tanto di foto e disegni, il progetto e funzionamento.
Il buon rendimento di questa opera spinse l'amministrazione, nel 1910, a replicare il sistema di pontile a funicolare a capo Pero, nella miniera di Rio Albano. L'ingegnere progettista fu questa volta il belga Julius Pohlig, uno dei più famosi ideatori di linee aeree del periodo. L'impianto era lungo 875 metri, e partiva dai 208 metri del cantiere di Calendozio, permettendo un più veloce caricamento sulle navi, calcolato in 300 tonnellate quotidiane. Ma si rivelò un'opera sovrastimata, in quanto la produzione del suddetto cantiere era decisamente più bassa della portata massima, rendendola inservibile in certi periodi.
Nel 1908 la società Elba aveva messo mano anche ad altri progetti di pontili con teleferica: a capo Pero, a Rio Albano, al Portello, all'Innamorata e al Vallone. Questi progetti però presentavano due soluzioni che furono scartate. Ne parla Riparbelli: “La prima fu quella di un molo in muratura che sarebbe stato troppo costoso, perché doveva essere fatto in modo da resistere alle mareggiate.
Oltretutto per alcuni il molo avrebbe potuto deviare le correnti parallele alla costa causando secche al largo. La seconda fu quella di fare una stazione in mare unita al cantiere con una funicolare, altrettanto costosa”. I pontili furono quindi realizzati in struttura metallica, mentre la stazione di carico sarebbe stata costruita direttamente sul pontile stesso. La realizzazione fu direttamente affidata alla stessa Adolf Bleichert & C., già citata, che all'Elba aveva realizzato anche i pontili degli altiforni di Portoferraio. I progetti dei pontili erano inoltre stati presentati con successo nel 1911 all'Esposizione di Torino, sia in forma di modellini che con documentazione fotografica.
Del pontile del Portello abbiamo la descrizione nelle parole dello stesso Riparbelli: “La ferrovia che raccoglieva il minerali dai cantieri Zuccoletto, Pozzifondi, Falcacci alti e bassi, Belvedere, Le Scoperte, Rosseto e il Bucone, scaricava il materiale su 24 tramogge che erano in muratura ed avevano in totale una lunghezza di 80 m e una capacità di 4000 mc, mentre la sottostante stazione di carico era disposta in modo da caricare contemporaneamente 6 vagonetti della capacità di una tonnellata ciascuno. Tre bilance automatiche registravano le quantità pesate. I vagonetti carichi venivano spinti a mano verso l'uscita della stazione dove automaticamente (apparecchio d'accoppiamento “Automat”) si agganciavano alla fune traente passando sulla funicolare formata da cavi di acciaio ancorati alla stazione di carico.
Arrivati all'altezza della spiaggia, i vagonetti passavano su guide dove un dispositivo automatico annullava le sollecitazioni tensoriali. Queste guide, disposte su appositi sostegni, erano parte integrante del pontile che era lungo 200 m e largo 3, tranne alla testata dove, per una lunghezza di 30 m, formava una piattaforma larga 9 m. Arrivati su questa piattaforma, dove la profondità del mare era di 12-13 m, i vagonetti rovesciavano il minerale in uno dei due “canali-imbuto” scorrevoli. I canali erano disposti a gru girevoli e spostabili secondo l'altezza dei bastimenti sotto carico. Quindi i vagonetti, senza lasciare la fune traente, passavano rovesciati automaticamente intorno ad una puleggia per ritornare alla stazione di carico. La funicolare che nel suo complesso era lunga 740 m, vincendo un dislivello di 120 m, trasportava ogni ora 200 vagonetti ad una distanza di circa m 21,6 con un intervallo di tempo l'uno dell'altro di 18 secondi, per cui la velocità era di 1,2 m/sec, dimodoché dovevano trovarsi contemporaneamente 28 vagonetti sulla linea e 6 alla stazione di carico.
Per il funzionamento dell'impianto erano necessari 25 operai di cui tre adibiti al pontile. La funicolare dava un'eccedenza di forza di 70 HP assorbita da un freno ad aria. Identico a questo era l'impianto di Rio Albano. Differiva per le tramogge a quota 74, che erano 12 per una lunghezza totale di 50 m, della capacità di 1300 mc, per la lunghezza totale della teleferica che era di 310 m con un dislivello di 50 m, per il pontile che era lungo 170 metri con una profondità all'estremità di 10-12 m, mentre l'eccedenza di forza era di 30 HP che serviva ad azionare una pompa per il lavaggio del minerale”.
Il pontile dell'Innamorata fu inaugurato il 7 luglio 1912, insieme alla ferrovia che lo serviva, dopo un anno di lavori. Era lungo 209 metri, con un'inclinazione di 5°, con una capacità di caricamento di 250 tonnellate l'ora. Raggiungeva un tratto di mare della profondità di 12 metri. È rimasto in servizio fino alla seconda guerra mondiale, e ne abbiamo un'idea solo da vecchie foto. Anche quello del Vallone, rimasto in servizio fino alla chiusura della miniera, era ancora visibile alla fine del secolo, ma poi demolito per motivi di sicurezza.
L'unico pontile giunto abbastanza integro fino a tempi recenti è quello di Vigneria, teoricamente in regime di manutenzione conservativa, ma fortemente malmesso per il disuso seguito alla chiusura della miniera. Il suo atto finale è datato 28 ottobre 2018, (vedi foto) quando una mareggiata lo ha demolito completamente. Tuttavia per alcuni pontili il deperimento, e in alcuni casi la distruzione, parte da più lontano, come annota Riparbelli:
“Purtroppo verso la fine degli anni '60 e durante i '70 a causa dell'incerta sorte delle miniere, i pontili furono progressivamente abbandonati. Prima divennero inagibili, quindi distrutti dalle mareggiate di cui si ricordano quelle del febbraio del 1967 e del 22 dicembre 1979 in cui rimasero distrutti i pontili di Vigneria. Quando nell'ottobre del 1980 si fece il collaudo del nuovo pontile di Vigneria della portata di 600 ton/h, si sperò nella ripresa dell'attività mineraria, ma fu una speranza di breve durata”. Per quanto riguarda le teleferiche, oggi è sparita ogni traccia, a eccezione dei ruderi della stazione di partenza (a quota 140 metri) e di alcuni tralicci di quella del Portello.
Del sistema di caricamento di Rio Albano, di cui resta traccia solo in foto antiche, abbiamo la descrizione di Emilia Giannitrapani, del 1940: “la parte maggiore del minerale di questa miniera si trasporta al mare per mezzo di una tramoggia in muratura, della capacità di 1300 mc. che da quota 74 scende verso il mare ed incontra una teleferica lunga 140 m. che arriva alla costa [a capo Pero] e si prolunga su di un grande pontile di ferro lungo 170 m. Da questo il minerale si scarica direttamente sui piroscafi di grosso tonnellaggio attraccati a destra ed a sinistra del pontile ove il fondale è di 10-12 metri”.
Ecco invece la descrizione di Rio Marina della stessa autrice: “per le miniere di Rio, vi è anche un grande impianto di trasporto e di imbarco sul tipo di quello di Rialbano, al cosiddetto Portello che è sulla costa a nord di Vigneria. Nella vallecola che vi fa capo e che è prossima alla Torre del Giove è un grande silos capace di 4000 mc. di minerale, riempito dai vagoncini provenienti dai cantieri intorno. Da questo silos il minerale scende con una teleferica automatica lunga 415 m. ad un grande pontile di ferro che si protende in mare per 200 m. Ivi le benne si scaricano direttamente nei piroscafi attraccati, i quali possono essere anche molto grandi perché alla punta del pontile il fondale è di 13 metri. Gli impianti di Rialbano e del Portello permettono di caricare ciascuno 3000 tonnellate di minerale al giorno”.
Nel dopoguerra a tutti i pontili furono smantellate le linee teleferiche, per essere sostituite da un più efficace sistema di trasporto a nastro, che trasferiva direttamente il minerale dalle tramogge alle stive delle navi.
Andrea Galassi