Ciao Fabrizio
Appena ho appreso che te ne eri andato mi è venuta in mente un'immagine: quella foto, persa chissà dove, che ci ritraeva insieme a quell'altro spirito libero di Bruno Paternò, a bella posta piazzati davanti ad un cartellone pubblicitario che magnificava i grandi servizi resi a quest'isola nientepopodimenoché dalla balena blu.
Il cetaceo ci aveva (tanto per cambiare) amabilmente querelati tutti e tre, per un supposto vulnus alla cristallina immagine di Moby&C. in forma da Bruno scritta e da noi pubblicata.
Sarebbe finita, giudiziariamente, anche quella vicenda, a nostro favore, ma ci mettemmo in posa come i tre criminali infangatori del candido, virgineo ed onoratissimo manto, facendoci un sacco di risate.
Si, perchè nelle politiche diversità abissali c'erano parecchie cose che univa quell'accozzato trio a partire dal gusto dell'ironia più fine, fino alla presa di culo più smaccata verso i potenti e i prepotenti, tronfi, arroganti e pieni di sé. Lo sberleffo.
E tra noi giocavamo pure: come quando scrivesti una storia minima di Portoferraio in versi, e mi chiedesti di scriverne la prefazione. Ti aspettavi una cosa non dico paludata, ma almeno "seria", e invece per scherzo te la mandai scritta in ottava rima, e, stando al gioco, tu la facesti pubblicare, tagliando solo gli "auguri fava lessa" con cui si concludeva, che in effetti era troppo.
Non mi vengono, in questo momento altre parole da aggiungere, non mi perdoneresti se mi rifugiassi nelle frasi fatte, di mestiere o di circostanza.
Ti dico solo che oggi (assieme alla nostra Cosmopoli) mi sento un po' più solo.
sergio