Il tribunale di Livorno ha condannato il comandante del peschereccio che pescava a strascico a Montecristo a 2000 euro di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali.
Pienamente dimostrata la responsabilità dell’imputato. Dalla documentazione acquisita e dalle testimonianze il peschereccio svolgeva attività di pesca a traino con le reti tirate dentro l’area del Parco Nazionale Arcipelago Toscano dove vige il divieto di pesca.
“La combinazione tra la tecnologia e la disponibilità dell’elicottero della Forestale – dice Sammuri- sono un ausilio importante per la sorveglianza del Parco. Un ringraziamento al Corpo Forestale per la efficienza e professionalità espressa nei compiti istituzionali di sorveglianza e tutela delle aree protette”
Il fatto. L’8 di maggio del 2014, durante un controllo a mare all’interno delle aree protette del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, effettuato con l’utilizzo dell’elicottero del Corpo Forestale dello Stato AB 412, il personale forestale colse in flagranza di reato un peschereccio di 16 metri che pescava a strascico all’interno dell’area protetta dell’Isola di Montecristo. L’imbarcazione proveniente da porto S. Stefano (GR) fu avvistata intorno alle 11,30, nelle acque di fronte al lato est dell’Isola, quello rivolto verso l’Isola del Giglio, dalla parte opposta all’approdo di Cala Maestra.
L’attività di monitoraggio ambientale eseguita su tutto l’Arcipelago Toscano dal Coordinamento Territoriale per l’Ambiente (CTA) del Corpo Forestale dello Stato, attraverso l’utilizzo di personale a terra, delle squadre nautiche e dell’elicottero AB 412 schierato presso la base del C.F.S. di Cecina, permise di individuare il mezzo e di fotografarlo per la identificazione in piena attività di pesca all’interno delle 3 miglia dall’Isola di Montecristo e pertanto in area protetta dove vige il divieto assoluto di pesca.
Il Corpo Forestale dello Stato denunciò il comandante del peschereccio, per la violazione dell’art. 19, comma 3, della Legge 394 del 1991 che prevede la pena dell’arresto fino a 6 mesi o l’ammenda fino a 12.911 euro, contestando inoltre la violazione dell’art. 10, comma 1, del D. Lvo 4 del 2012 che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 12.000 euro.