Questo è un appello, una richiesta di aiuto.
Sono stanca di avere nel cuore un dolore sordo che mi diventa acuto ogni volta che guardo il mare.
Abito su un’isola, per scelta. Il mare lo vedo ogni giorno. Voglio tornare a guardarlo senza dolore.
Mi rivolgo a chi ha preso almeno una volta nella vita un traghetto con cattivo tempo, a chi è stato colto da una sventolata, da un temporale, da una mareggiata mentre navigava per vacanza, per passione, per regata, per lavoro. A chi almeno una volta ha sentito quanto il mare sia potente e sappia essere pericoloso, inospitale, spaventoso.
Ci sono persone come noi, donne, uomini, bambini che il mare lo affrontano per cercare un futuro, dicendo “ti chiamerò quando sarò a posto” a famiglie che probabilmente non riceveranno mai quella chiamata.
A me non importa se sono migranti economici o rifugiati da guerre. Sono persone, esseri umani come noi, giovani in cerca di un futuro, di una prospettiva di vita decente. Potrebbero essere figli, fratelli, mariti, mogli, sorelle di ciascuno di noi. E sono in mare, tra le onde, in pericolo di vita.
A me fa male saperli in mare. A me fa male sapere che il mio Paese, da sempre terra di arrivi e partenze, chiude i porti.
Lo so che tra loro si nascondono gli scafisti-brutti-sporchi-cattivi, lo so che ci sono partite di droga, armi, sigarette. E allora?? Prima di tutto vengono gli esseri umani, le donne i bambini, i giovani uomini che sono là in mezzo alle onde, in gennaio, notte e giorno.
Intanto soccorriamoli, portiamoli in terra. Accogliamoli, facciamoli sentire al sicuro, al riparo, diamo loro pane, abiti, un tetto. Se li accogliamo, se li facciamo sentire al sicuro, perché mai non dovrebbero aiutarci loro stessi a trovare le bestie che li hanno presi per il collo, malmenati, caricati su mezzi di fortuna? Abbiamo delle forze di intelligence che hanno smantellato il terrorismo, abbiamo squadre che scovano i mafiosi. So che il nostro Stato può trovare e chiudere a doppia mandata in carcere chi su questo dolore e bisogno fa orrendo commercio.
Ogni uomo, donna, bambino nella vita cerca di costruirsi un pezzetto di felicità. Allora aiutiamoli, invece di lasciarli là, in mezzo alle onde, al cattivo tempo. Questi giovani portano con sé un progetto di vita, un sogno di un futuro migliore. Mettiamoli in condizione di provare a realizzarlo.
Di questo noi italiani, popolo ormai con più vecchi che bambini, parecchio incattiviti, abbiamo molto bisogno. Per tornare a essere quel popolo meraviglioso, creativo, sognatore, solare, anarchico, che tutto il mondo guardava con ammirazione.
Ai cittadini delle isole, a chi va per mare, facciamoci sentire, facciamoci vedere e sentire nei nostri porti per chiedere di aprirli, di cambiare quest’orrenda prassi dei respingimenti e dei porti chiusi.
Come? Quando? Potrebbe essere un’idea trovarci davanti alle Capitanerie di Porto, magari domenica prossima, 3 Febbraio, con tanti drappi azzurri: faremo il mare, faremo le onde…. E forse qualcuno potrà riflettere su cosa vuol dire attraversare il Mediterraneo in gommone, in barca, a gennaio. E magari aprirà il proprio cuore e qualche porto...
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P.S. So che condividete, allora diffondiamo e proviamo a farci sentire.