Giovanni Cucca, il guerriero gentile, il grande camminatore, che dispensava sorrisi e aveva una parola buona per chiunque, «Picciò», come era noto ai più per il saluto alla sarda che lo contraddistingueva, ha deposto le armi del combattente e si è spento all'alba del 4 agosto a Portoferraio, in seguito ad una neoplasia contro cui ha combattuto fino al suo ultimo respiro.
Un immenso fiume d'affetto, con centinaia di commoventi manifestazioni di cordoglio sui giornali online e sui social, ha raggiunto la famiglia originaria dell'Ogliastra in queste ore da ogni dove, dall'Elba innanzitutto, dove Giovanni e la sua famiglia avevano messo radici negli anni '60, ma anche dalla Sardegna, dall'Italia e dall'estero. Il suo cognome, che portava con fierezza, con grande dignità e con quella compostezza che caratterizza gli animi più nobili, aveva fatto eco nel mondo dell'emigrazione sarda organizzata facendo il giro del pianeta grazie anche all'Associazione culturale che la comunità sarda dell'Elba, guidata eppoi sostenuta dalle figlie, aveva voluto intitolare al primigenito Bruno, imprenditore molto amato, scomparso prematuramente nel 1996 a seguito di un tragico incidente stradale.
Padre di sei figli, i maschi noti per l'attività tipografica e le due figlie più giovani per l'appassionata attività giornalistica, Giovanni è stato un raro esempio di rigore, coraggio, onestà, coerenza, tenacia, dolcezza e tenerezza; un padre e un nonno esemplare, un amico fidato, un maestro indimenticato, un marito e compagno per l'eternità per Maria, con la quale ha condiviso 64 indissolubili anni di amore e sacrifici.
In ogni parte dell'isola, da Punta Nera al Cavo, c'è traccia del suo operato come capo cantiere delle più importanti aziende edili del territorio: Sapere, Paoli, Isolani, Logi, Ferrini, Mazzei e negli ultimi anni Monni... Strade, ponti, alberghi, ville, interi quartieri portano la sua firma, segno del suo acume e della sua intelligenza, perché Giovanni, benché piccolo di statura, non era solo espressione di una forza fisica erculea, ma era anche visione, intelligenza, perspicacia. La sua storia e la sua vita rappresentano una brillante storia di riscatto e integrazione sociale, che l'Associazione intitolata al figlio più grande ha saputo ben rappresentare e raccontare negli anni.
Con Giovanni se ne va un altro degli ultimi abitanti «storici» di Le Foci, a Portoferraio, dove aveva costruito la sua casa elbana e acquistato e costruito quelle dei figli, e con lui se ne va la memoria di una generazione per la quale era sufficiente uno sguardo e una stretta di mano, un gentiluomo, un cavaliere appassionato del Canto a tenore e dei Mamuthones ma anche del Pascoli e del Carducci, con la Sardegna nel cuore ma con la visione aperta sul mondo.
Con l'andatura claudicante degli ultimi tempi, appoggiato al bastone di legno, i pantaloni di velluto anche d'estate, l'immancabile camicia bianca sostenuta dalle amate bretelle e il tipico cappello sardo sulla testa canuta, Giovanni lascia un ricordo indelebile in tutti coloro che hanno avuto la fortuna, l'onore e il privilegio di conoscerlo e amarlo.
La moglie Maria, i figli Mariano, Clelia, Maurizio, Patrizia e Cristina, i nipoti Veronica, Lorenzo, Marco, Mariagiulia e Perla, i generi Emanuele e Alberto e la nuora Sabrina ringraziano il Reparto di Radioterapia dell'Ospedale Riuniti di Livorno, in particolare la dottoressa Badì e il team del dott. Fusari, nonché il Reparto di Cure Palliative di Livorno, soprattutto la dottoressa Costanza Galli, dove è stato seguito per quasi due mesi durante la radioterapia. In ultimo ma non per importanza ringraziano i medici e il personale infermieristico del Reparto di Chirurgia e dell'Ospedale di Comunità di Portoferraio dove è stato trasferito in attesa di tornare a casa, in particolare i dott. Riccardo Burchielli, il dott. Luigi Ciompi e il caposala Paolo Paolini per le amorevoli cure prestate.
Patrizia Cucca