Gli abitanti dell’Isola, come quelli di tutte le isole, soprattutto quelle minori, vivono disagi su molti fronti, in particolare per quanto riguarda i collegamenti con il continente, che non sempre sono assicurati, anche in situazioni di emergenza, ad esempio nel caso di spostamenti effettuati per motivi di salute.
I malati oncologici, che già vivono una situazione difficile sia sul piano fisico che psicologico, ancor più risentono della fatica di doversi muovere per seguire le cure che non possono essere effettuate presso le strutture sanitarie elbane. Ad esempio quelli sottoposti ai protocolli di cure radioterapiche ogni giorno, per settimane, dal lunedì al venerdì, devono recarsi a Livorno impiegando buona parte della giornata, sottoposti a stress e stanchezza. Sono 6/7 ore se abitano a Portoferraio, 7/8 se vivono negli altri comuni. Senza considerare la sveglia mattutina e le condizioni metereologiche che a volte rendono ancora più faticoso e disagiato il viaggio.
In questo periodo ben sei cittadini elbani si sottopongono a radioterapia nel capoluogo. Viaggiano su due pulmini messi a disposizione, come il personale, dalla Pubblica Assistenza dei diversi comuni, a turno. Personale, dipendente o volontario, preparato e disponibile, che accompagna e assiste i pazienti oncologici con grande professionalità e gentilezza, ai quali va il nostro sincero ringraziamento.
Episodi poco edificanti come quello occorso la mattina del due settembre scorso, rendono ancor più difficile una situazione già critica e complessa per i malati in genere, ed in questo caso per quelli oncologici. Nella mattinata di mercoledì, finite le sedute di radioterapia, era ripartito da Livorno un primo pulmino con a bordo tre pazienti di Portoferraio, raggiungendo Piombino in tempo utile per il traghetto Moby delle ore 13. L'autista del secondo pulmino, partito da Livorno diversi minuti dopo avendo dovuto aspettare la fine della terapia dell'ultimo paziente, ha tentato in ogni modo di prendere lo stesso traghetto, ma resosi conto che si era al limite con il tempo, ha chiesto al collega dell'altro mezzo di avvisare il personale del traghetto delle 13 che il secondo pulmino era in arrivo e di pazientare qualche secondo. Raggiunta l'area portuale, suonando il clacson ha segnalato l’arrivo in porto, dato che il traghetto era ancora a banchina. Ma non c’è stato niente da fare! Pur arrivando all'imbarco alle 13 precise, ci siamo trovati con il portellone già alzato e il traghetto che si stava allontanando dalla banchina. Questo lascia presupporre che avesse anticipato di qualche minuto la partenza. La Capitaneria interpellata in merito ha confermato che, essendo l’orario quello indicato nelle tabelle, non si sarebbe potuto procrastinare la partenza nemmeno di un attimo. A questo punto la questione non riguarda solo le regole, che giustamente vanno rispettate, ma il buon senso e la flessibilità che in alcuni casi non è segno di anarchia ma di umanità.
Viene da chiedersi come mai la puntualità conta solo in alcuni casi e non conta quando a determinare i ritardi sono le necessità della Compagnia di navigazione. Ad esempio, qualche giorno prima lo stesso traghetto, è partito con 30 minuti di ritardo, ed in alcune occasioni, in particolare nelle stagioni non di punta, alcune corse sono state soppresse.
Basterebbe poco per dimostrare un po’ di comprensione e disponibilità verso chi soffre situazioni già parecchio difficili. Ma forse se ne rende conto solo chi sta dentro un’autombulanza. C’è solo da rallegrarsi che questo episodio poco simpatico sia avvenuto in estate, periodo in cui ci sono molte corse e l’attesa è stata breve. Sorge spontanea una domanda: ma lo stesso comportamento sarebbe stato tenuto anche in inverno quando le corse sono poche e le condizioni meteomarine critiche?
Lettera firmata dagli autisti dei pulmini della Pubblica Assistenza e dai malati oncologici
Anna D'Auria, Gino Tincani, Santina Berti, Enrica Cecchini, Daniel Jiménez