“La vaccinazione è il più efficace mezzo di prevenzione per il controllo delle malattie infettive ed è uno strumento ancor più importante nei pazienti con malattie reumatologiche perché una parte di loro potrebbe presentare un aumentato rischio di infezione”. Ad affermarlo è Riccardo Cecchetti, direttore della Medicina Interna (Servizio di Reumatologia) all’ospedale di Portoferraio e delegato regionale della Società italiana di Reumatologia (Sir).
“Per quanto riguarda la tempistica – spiega ancora Cecchetti – i vaccini dovrebbero generalmente essere somministrati ai pazienti con malattie infiammatorie croniche autoimmuni in fase di remissione clinica di malattia. Quello attualmente utilizzato anti-Covid è fabbricato con una tecnologia che non utilizza un vettore virale, ma un semplice filamento di RNA messaggero virale montato su nano particelle lipidiche. L’assenza di un vettore virale potrebbe rappresentare un vantaggio, soprattutto per i pazienti immunodepressi, ma questo aspetto deve essere ancora ovviamente confermato. Quello che è certo, ribadito anche dalla Sir, è che per i pazienti affetti da patologie reumatologiche autoimmuni non è auspicabile, sulla base dei dati scientifici disponibili, invocare una corsia preferenziale. Una volta prenotata la seduta vaccinale il paziente deve confrontarsi con il reumatologo. In base ai diversi livelli di immunosoppressione determinati dalle diverse condizioni cliniche e dalle diverse terapie reumatologiche, potrà essere consigliato al paziente come gestire il trattamento in atto nella prospettiva della vaccinazione”.