Complessa e delicata la questione dei crolli della strada provinciale avvenuti dal 2008 a oggi. 9 in tutto, in località Il Piano. Ormai ogni giorno i media ne parlano per arrivare ad inquadrare la verità e a far emergere soluzioni utili a far tornare il luogo alla tranquillità secolare tipica. Uno stato di sicurezza interrottosi da quando sono cresciuti gli emungimenti di acqua potabile nella zona, 600 mila metri cubi l'anno, secondo il docente-geologo Nicola Casagli, e tale fatto asserisce potrebbe aver causato i cedimenti. Ora la zona è interdetta alla circolazione stradale e i percorsi alternativi sono disagevoli e la comunità locale oltre le difficoltà, sta subendo danni anche economici. Senza dubbio i Comuni locali sono chiamati a trovare con sollecitudine le soluzioni, suggerite anche allo studio dei geologi che hanno a portata di mano la riconquista della normalità, per evitare l'acuirsi dei problemi di stabilità del suolo. Purtroppo non esistono negli organici comunali dei geologi, ma attraverso consulenze e progetti la cosa potrà risolversi di certo e la situazione critica attuale diventerà poi un ricordo. In futuro chissà, i Comuni isolani potrebbero incaricare in modo condiviso e permanente, una paio di geologi condotti per puntare ad un'isola salubre anche dal punto di vista della stabilità dei suoli, periodicamente soggetti a danni idrogeologici, frane e simili. Ma approfittiamo della disponibilità del professor Casagli, che puntualizza i vari aspetti del problema. Il docente dell'università di Firenze, sorveglia da mesi il caso, appositamente incaricato dalla Provincia, anche mediante strumenti tecnici di monitoraggio..
"La voragine del Piano è in costante evoluzione. Dopo il lieve rallentamento osservato fra il 10 e l'11 febbraio, il movimento di abbassamento è ripreso a velocità pressoché stazionaria: il terreno cede costantemente di circa 1 millimetro al giorno, tutti i giorni.
Complessivamente il cedimento verticale misurato fino adesso con le nostre strumentazioni è di quasi 5 centimetri e non ci sono segnali di rallentamento.
E' bene chiarire che la crisi in atto, iniziata nel gennaio 2008 con la formazione della prima della serie di nove voragini, non riguarda solo la SP26, bensì buona parte della zona del Piano, per un'estensione di circa 12 ettari. Tale zona dovrebbe essere considerata ad "alto rischio" di sprofondamento e comprende edifici di privata abitazione, attività produttive, commerciali, turistiche e ricreative.
Le cause predisponenti naturali del fenomeno risiedono, come affermato anche da altri autorevoli colleghi:
1) nella presenza del calcare cavernoso in profondità;
2) nella presenza di fenomeni carsici (grotte e inghiottitoi) nel calcare cavernoso;
3) nella presenza di un materasso di depositi sciolti alluvionali in superficie (ca. 20 m di spessore);
4) nella presenza di paleoalvei, di antichi canali e di zone preferenziali di circolazione idrica superficiale;
5) nei periodi piovosi di ricarica delle falde superficiali e sotterranee;
6) nei terremoti e nelle vibrazioni, anche se essi devono essere di forte intensità per produrre effetti significativi.
Date tali condizioni predisponenti, è ben noto che la causa antropica principale che determina la formazione delle voragini risiede nei pompaggi che, alterando la circolazione idrica superficiale, possono determinare fenomeni di erosione dei sedimenti sciolti e la loro asportazione attraverso le sottostanti cavità carsiche. Si tratta di fenomeni noti nella letteratura tecnica e scientifica come "deep-piping sinkholes" o "dropout sinkholes".
Nel caso in questione è accertato che:
1) nella zona del Piano sono ubicati 14 pozzi principali, di cui 5 ad uso acquedottistico;
2) alcuni dei pozzi ad uso acquedottistico si trovano a meno di 200 m dal sito interessato dai recenti sprofondamenti;
3) nel 2006 è stato realizzato il nuovo pozzo del Piano;
4) dal 2007 l'intensità dei prelievi dai pozzi della zona del Piano è aumentata raggiungendo i 600.000 metri cubi per anno, di cui circa 1300 metri cubi al giorno (pari a 15 litri al secondo) nel periodo invernale;
5) dal 2007 i pompaggi nella zona non sono mai stati interrotti (le interruzioni invernali riguardano solo alcuni pozzi ma non tutti);
6) nel gennaio 2008 si è verificata la prima di una serie di nove voragini nel raggio di poche decine di metri;
7) prima del 2008 non si erano mai verificati nella zona del Piano episodi paragonabili, per intensità e frequenza di accadimento, alla crisi in atto negli ultimi anni;
8) il tratto di SP26 interessato dagli sprofondamenti è stato realizzato circa un secolo fa in quella posizione e mai era stato interessato da dissesti di entità paragonabile a quelli degli ultimi anni;
9) gran parte delle voragini si sono verificate nella stagione di ricarica della falda, come è naturale in tantissimi altri casi (Camaiore: ottobre, Bottegone: gennaio, etc., tutte situazioni comunque fortemente legate ai campi pozzi nelle immediate vicinanze);
10) le voragini possono essere causate dal crollo delle volte delle cavità sotterranee ma, più frequentemente, sono innescate dalla semplice erosione ed asportazione di sedimenti verso le cavità profonde, senza alcun crollo in profondità; tale fenomeno è notoriamente favorito dai pompaggi.
Ciò premesso, il problema non è quello di dimostrare che il pompaggio è la causa delle voragini, quanto piuttosto l'inverso: ovvero dimostrare che, eventualmente, il pompaggio non è la causa delle voragini in questa particolare situazione.
A mio parere, come ho già dichiarato, non esiste ad oggi nessuna prova che possa far escludere con ragionevole certezza che i pompaggi sono ininfluenti.
Al contrario, tutti gli indizi e i dati al momento raccolti sono coerenti nel dimostrare un preciso rapporto di causalità diretta".
Prof. Nicola Casagli