L’associazione ambientalista fa un po’ di confusione tra compiti e competenze degli Enti chiamati in causa e, partendo da presupposti errati, conclude malamente un ragionamento che, di per sé, contiene molti spunti condivisibili.
Ma andiamo con ordine. Innanzitutto segnaliamo che l’utilizzo del termine “riminese” in modo così evidentemente dispregiativo non è affatto giustificato; in primo luogo per la sproporzione (a nostro discapito) delle capacità amministrative, organizzative ed imprenditoriali dei riminesi rispetto alle nostre, in secondo luogo per la non minore sproporzione, rispetto alla nostra, della sensibilità ambientale dei riminesi che, ad esempio, stanno investendo 200 milioni di euro per dotarsi di un sistema di depurazione delle acque fognarie all’avanguardia.
Torniamo a Cala Giovanna. La nota di Legambiente paventa la sua trasformazione “in una qualunque spiaggia turistica del Comune di Campo, con tanto di noleggio di ombrelloni e sdraio” con un tono talmente solenne da far perdere di vista il significato delle parole che, rilette, sono prive di alcunché di catastrofico. Cala Giovanna è già una spiaggia turistica del Comune di Campo alla quale accedono dalle 15 alle 20 mila persone a stagione, molte delle quali, l’ombrellone e la sdraio li portano con sé; il fatto di non doverseli portare da casa rappresenta un evento drammatico o banalizzante?
Oltretutto, la definizione “spiaggia turistica” esibita con accezione negativa è davvero buffa; nella bella stagione qualsiasi spiaggia è di per se turistica, specialmente se ha le caratteristiche per essere apprezzata per la balneazione o semplicemente per giacervi comodamente baciati dal sole, attività che forse Legambiente odia ma che per la maggior parte delle persone normali è piacevole e naturale (nel senso proprio di natura).
Le spiagge non turistiche sono quelle che mancano di quelle caratteristiche di salubrità, paesaggistiche e naturali che, proprio a Pianosa, abbondano sfacciatamente; si potrebbe dire che la spiaggia di Pianosa è la più turistica possibile.
Se Legambiente si rammarica del fatto che i turisti facciano il bagno a Pianosa, deve rivolgere le sue rimostranze a chi (come correttamente indicato nella sua nota), in deroga al decreto ministeriale che la interdirebbe, consente che la balneazione avvenga: l’Ente Parco.
E’ ben strano che l’associazione ambientalista censuri il Comune per un modesto intervento sull’arenile in luogo di chiedere conto al Parco delle motivazioni della deroga al divieto di balneazione che, a prima vista, parrebbero motivate dal solo fine turistico, per l’appunto!
Oltretutto, dal punto di vista giuridico, un aspetto al quale Legambiente è sempre meritoriamente molto attenta, la spiaggia di Cala Giovanna è indicata nel Piano del Parco in zona “B”, per la quale: “Gli usi e le attività sono quelli di tipo naturalistico (N) e comprendono la fruizione che, oltre agli scopi scientifici e didattici, può avere anche carattere sportivo o ricreativo, limitatamente alle attività che non richiedono l'uso di mezzi meccanici a motore, salvo quelli previsti per la pulizia degli arenili”.
Legittima è quindi la fruizione dell’area per scopo ricreativo e legittima sarebbe anche la pulizia dell’arenile con mezzi meccanici senza neppure specificare attenzioni particolari per “rare superstiti vegetazioni pioniere” nei confronti delle quali le ruspe hanno notoriamente scarsa sensibilità.
Ovviamente è auspicio comune che gli incaricati alla pulizia sapranno distinguere una cartaccia da un giglio di mare ma l’attenzione che oggi Legambiente recrimina per Cala Giovanna non è stata altrettanto considerata all’atto della stesura del Piano del Parco e non certo per disattenzione dell’Amministrazione Campese.
Privo di alcun rilievo appare quindi il nulla-osta da parte del Parco che Legambiente, erroneamente, definisce necessario sopravvalutando le competenze dell’Ente Parco sull’isola.
Vale la pena di ricordare che il Piano del Parco, individua chiaramente nelle zone “A” le sole aree per le quali l’accesso e la fruizione è demandata ad atti deliberativi dell’Ente (Piano del Parco, Norme tecniche di attuazione, art. 17 comma 2)
Invece di ironizzare in merito a improbabili Pamele Anderson, ci sarebbe da chiedersi perché a Pianosa, contravvenendo al Piano del Parco, l’Ente si arroga il diritto di regolamentare accesso e fruizione in zone “B” e “C” e, di ragionamento in ragionamento, si arriverebbe anche a chiedersi perché (ed in forza di quale autorità) intaschi dei danari da chi accede all’isola.
da camminando.org segnalato da Yuri Tiberto