“Snello e forte, efficiente e moderno, attento alla ricerca e più attento all’architettura.” Queste le parole di apertura di un recente articolo di “La Repubblica”, sul nuovo sistema museale italiano concepito dal Ministro Franchini. “L’obiettivo è valorizzare il grande patrimonio culturale del nostro paese, parola del ministro che l’ha ideata e presentata… Musei come “miniere d’oro” che ancora non abbiamo saputo sfruttare.”
Il documento è quasi fantascientifico in un’Italia come quella di oggi, che è solo caratterizzata o da emergenze, o da eventi eccezionali. La parola d’ordine che sembra regnare nelle nostre Soprintendenze è: “Bilancio zero” e gli incarichi assegnati a singole persone sono spesso molteplici. Immediato è il trasferimento di questi concetti e progetti nazionali al nostro caso elbano e trovarci tutti d’accordo che i nostri principali musei non sono valorizzati né apprezzati.
Se si pensa all’esposizione di materiale, il pensiero corre velocemente alla nostra Pinacoteca più importante, di chiaro ruolo primario nella cultura e storia dei luoghi, che comprende un vasto percorso nazionale e internazionale. Quando è stato fatto l’ultimo censimento del materiale che abbiamo a disposizione? Nonostante questo sia un compito ovvio, previsto da ogni regolamento all’interno di qualsiasi attività o ufficio, questo aspetto appare talmente “strano”, da far apparire un furto vero e proprio come una “disattenzione”. Invitata ieri alla solenne e commovente cerimonia di riconsegna da parte delle forze dei Carabinieri di tavole del XIV Secolo al legittimo proprietario, il Museo di San Matteo di Pisa, appare che non esistono veri colpevoli. Tra queste tavole, una di esse, la “Madonna Addolorata” di Quinten Metsys, vale da sola 2,8 milioni.
Chi conosce veramente l’importanza delle tele della nostra Pinacoteca inserite in un contesto nazionale e internazionale? Chi sa che, per far posto al quadro commemorativo del nostro grande amico e artista Luciano Regoli sono state messi in deposito quadri della collezione Foresi? Chi decide alla nostra Pinacoteca le sorti del nostro futuro? Esiste una sala bellissima da poco rinnovata, gioiello di Portoferraio, frequentatissima da tutta la popolazione locale, amministratori, ospiti, turisti: la sala Nello Santi. Perché non si è sfruttata una tale sala per Luciano, tra l’altro con pareti ben più ampie e spaziose?
Il passo è breve, e quindi, come non pensare alle star dei nostri musei, le Residenze Napoleoniche. La splendida Galleria Demidoff è spesso vuota, i mobili dei Mulini non sono considerati dalla Soprintendenza di valore, i giardini di entrambe le Residenze sono nello stato che conosciamo.
Un ultimo pensiero corre veloce all’immagine del “sistema museale elbano”. Quale, direte voi? Certo, non esiste, esistono musei singoli, con poche connessioni tra loro, con eventi divisi e diversi. In Italia sta per nascere una “direzione generale dei musei”. Ce la faremo anche noi?
Inoltre, la cartellonistica è solo uno dei tasselli minori di un sistema di indicazioni utili. Il percorso museale inizia dalle scuole, dal porto, dai centri cittadini, dall’accoglienza e dall’invito implicito dei nostri centri storici che dovrebbero emotivamente e praticamente indirizzare i visitatori a quei luoghi deputati alla conservazione e valorizzazione del nostro patrimonio.
Franceschini ha chiamato i musei “miniere d’oro” che non abbiamo saputo sfruttare. Di chi sta parlando? Dell’Elba?!