(Il Monitore d’ Etruria, Edizione Speciale del 5 Settembre 1814)
PORTOFERRAIO (Dal nostro inviato) - Usciamo con questa edizione speciale per portare a conoscenza dei nostri affezionati e distinti lettori quello che appare essere uno “ scoop” epocale del vostro cronista.
Fra i maggiorenti elbani che orbitano attorno alla corte del Bonaparte, si sta diffondendo la voce che è giunta all’ Elba, Maria Luisa d’Asburgo, già Imperatrice dei francesi e attuale Duchessa di Parma. La consorte di Napoleone, accompagnata dal loro figlioletto Napoleone Jr., il Re di Roma e per un paio di giorni Napoleone II Imperatore dei francesi, sarebbe sbarcata il 1 settembre a S. Giovanni da un brigantino inglese. L’agitazione e la competizione fra i bonapartisti, desiderosi di ossequiare l’Imperatrice è al massimo, poiché segreto è stato l’arrivo e segreto è il luogo in cui attualmente si troverebbe l’ Augusta Dama. Il vostro cronista, però, è in grado di smentire categoricamente le voci di uno sbarco di Maria Luisa all’Elba. Gli è pervenuto infatti, l’ ultimo numero di “ Qui”, il periodico francese di facile lettura specializzato in gossip, in cui è riportata la notizia che Maria Luisa d’Asburgo si trova nella celebre località termale di Aix-les-Bains in Savoia, accompagnata dal generale austriaco Adam von Neipperg. Sembra fra l’altro che fra i due stia nascendo una tenera amicizia. Al riguardo ad evitare troppo facili e gratuiti moralismi , è opportuno ricordare che il matrimonio fra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo obbedì esclusivamente a ragioni politiche, subite dalla Duchessa di Parma in ossequio ai rigidi voleri del padre, Francesco I Imperatore d’Austria.Il Sovrano,come noto è fratello maggiore del nostro amato Granduca Ferdinando III,del quale attendiamo a giorni il ritorno nella sua Firenze, la città che dette i natali a entrambi gli Augusti Sovrani. Sembra inoltre che l’ Imperatore d’ Austria abbia messo alle costole della figlia il gen. Neipperg, celebre “ tombeur de femme” , per distoglierla da pensieri “ napoleonici”.
Ma allora chi è la misteriosa dama giunta all’Elba?
Il vostro cronista nel voler dare una sicura e documentata risposta ai suoi lettori, descriverà ciò che da lui stesso è stato vissuto. Recatomi la mattina del 3 settembre scorso a Longone, sono salito alla Madonna di Monserrato edificata nei primi tempi in cui il territorio era parte dello Stato dei Presidi, il possedimento, spagnolo prima e napoletano poi, che esisteva fino ad una quindicina di anni fa e comprendeva Talamone, l’Argentario e Longone. Il Santuario di Monserrato rappresenta un luogo dalle intense suggestioni dove storia, tradizioni popolari e paesaggio si fondono in una sublime e mistica sinfonia.
Scendendo all’imbrunire dal Santuario, improvvisamente il tempo è girato al brutto. Una vera "bomba d'acqua" ha colpito l’Elba , mentre il mare era spazzato da violenti venti provenzali. Fortunatamente, giunto in prossimità della fortezza di San Giacomo, fradicio di pioggia, ho avuto la buona sorte di incrociare il Sig. Domenico Ponce de Leon, ufficiale d’ordinanza di Napoleone- appena giunto, così mi ha detto, da Marciana, - in compagnia dell’Ing. Giacomo Mellini, ufficiale superiore del Genio militare. Il Sig. Cap. Ponce de Leon, molto gentilmente ha invitato, sia il vostro cronista che l’Ing. Mellini a cena nella propria dimora avita, dove siamo stati accolti affabilmente dalla bella e giovane Signorina Lucrezia, sorella del Cap.Ponce de Leon, e dal loro nonno materno il Coll. Sardi- già funzionario a Capoliveri dei Boncompagni Principi di Piombino- , che è anche tutore della giovane.
Il desco si è svolto- conversando amabilmente e gustando deliziosi piatti della cucina elbana preparati da Alvaro, il cuoco di casa, e accompagnati dal fresco procanico dell’Arrighi - nella bella sala da pranzo della residenza Ponce de Leon affacciata sulle riparate acque della rada di Mola, punteggiata dai tremolanti lumi dei pescatori. Nelle conversazioni sono stati toccati argomenti frivoli, come i piccoli fastidi dell’Imperatore, sia per le eccessive spese fatte dalla Signora Madre per abbellire la sua dimora di casa Vantini, sia per le lagnanze della sorella Paolina, al momento a Napoli dalla sorella Carolina e dal cognato Gioacchino Murat (ancora) Re di Napoli, poiché avrebbe voluto che casa Vantini fosse destinata a lei, in previsione di un suo ritorno all’Elba. Vi erano poi le questioni con le sorella Elisa e Paolina per i mobili già presenti nelle loro residenze di Lucca e Piombino, per la Baciocchi e di Torino per la Borghese, e “ prelevati” da Napoleone per arredare le Ville de I Mulini e di San Martino. Riguardo a San Martino l’Ing. Mellini, ci ha fatto conoscere di essere stato incaricato dall’Imperatore di un progetto per dare, dopo i primi interventi d’urgenza, una dignità imperiale alla residenza ed inoltre, di avere in opera un quadro celebrativo del luogo dove Napoleone ha scelto la sua dimora estiva. Mellini ha poi accennato ad alcune vicende della sua avventurosa vita da quando giovinetto era partito da Portoferraio per Parigi: l’ assedio di Bastia , la guerra di corsa per la Convenzione Montagnarda, le Campagne d’ Italia, i periodi di prigionia degli Inglesi e degli Austriaci, la battaglia di Marengo in cui era stato ferito,… Sicuramente la narrazione del Mellini sarebbe continuata, se Il Cap. Ponce de Leon non avesse colto un certo disappunto da parte del Coll. Sardi, sia per gli argomenti descritti dal Mellini ,sia per gli sguardi che rivolgeva alla giovane Lucrezia, palesemente affascinata dal dire e dai modi del maturo gentiluomo. Il Sig. Ponce de Leon, palesemente per cambiare disco, ha ricordato la figura del loro antenato, di antica nobiltà spagnola, giunto a Longone nei primi anni del ‘ 600. La famiglia, ricordava Ponce de Leon, mantenne un ruolo di prestigio anche quando agli spagnoli si sostituirono i Borboni del Regno di Napoli. Il vostro cronista si permette di rammentare ai suoi distinti lettori, che l’ influenza del Regno di Napoli, nel corso del secolo passato si era estesa, a parte il territorio Granducale di Portoferraio, a tutta l’ Elba, poiché alle truppe napoletane venne demandato dai Principi di Piombino il compito di presidiare le torri di guardia del loro territorio insulare. Inoltre le truppe napoletane, con il supporto logistico di consiglieri inglesi e austriaci, avevano avuto un ruolo determinante nel contrastare fra il 1799 ed il 1802, la penetrazione francese all’Elba. Ricordando il Regno di Napoli, la conversazione, sia pure con mezze frasi, qualche imbarazzato silenzio e tentativi vari di cambiare discorso, è quindi scivolata su Gioacchino Murat, che dopo l’occupazione, nei primi mesi dell’anno, dell’Umbria, delle Marche e dell’Emilia Romagna, in appoggio alla discesa dell’esercito austriaco, aveva il controllo della maggiore parte del territorio italiano. Murat al momento sembra godere della protezione del potente cancelliere austriaco Metternich, ma nel contempo non gode delle simpatie della Gran Bretagna, la quale ha precisi interessi politici ed economici in Sicilia. Questo Regno di fatto è diventato un protettorato inglese formalmente governato da Ferdinando III Borbone, dopo la sua precipitosa fuga da Napoli nell’incalzare dell’egemonia e del nepotismo bonapartista. Si accenna velatamente ad un possibile ritorno del Borbone a Napoli, su di un trono che dovrebbe riunire in un unico Regno, detto delle Due Sicilie, le terre del Regno di Napoli e del Regno di Sicilia. Anche alla luce di queste, sempre più pressanti voci che escono dalle cancellerie europee in preparazione del G5 di Vienna, il vostro cronista ha avuto l'impressione dalle mezze parole del giovane Ponce de Leon, che Napoleone tenda a rinforzare i tentativi, già attivati ai primi di giugno con l’invio della sorella Paolina a Napoli, per riportare il cognato dalla sua parte. Il vostro cronista non ha mai creduto e tanto meno lo crede ora, che Napoleone abbia mai avuto l’intenzione di concludere i suoi giorni all’Elba. La sua grande “imprenditorialità” e la sua pressante richiesta di chiamare Maria Luisa d’Austria e Napoleone Jr. all’ Elba, credo sia prevalentemente motivata dal tentativo di gettare fumo negli occhi delle potenze della Santa Alleanza ed in particolare, guarda caso, negli occhi del suo ex-ministro Talleyrand: “L’ uomo per tutte le stagioni, in grado di ingannare la Terra ed il Cielo”, tornato a servire i Borboni di Francia.
Ad un tratto il parlare del giovane Ponce de Leon si è bloccato, giusto quando sono apparse nelle calme acque della baia di Mola, le vele di un veloce brick. Vedere le vele del brigantino ed assistere all’immediato scatto dell’ ufficiale d’ ordinanza di Napoleone, è stato un attimo. Farfugliando parole di scusa incomprensibili, che hanno colto di sorpresa tutti i commensali, si è precipitato fuori di casa. Una scialuppa si era nel frattempo staccata dal brigantino ed aveva raggiunto la spiaggia dove erano ad attendere una dama velata, un ragazzo e un gentiluomo, nella inconfondibile divisa biancorossa degli ufficiali dei lancieri polacchi. Rapidamente la scialuppa è tornata sottobordo del brick che,poco dopo spiegava le vele e si gettava nuovamente nel mare tempestoso . Erano ancora in vista i traballanti lumi di bordo, quando nella spiaggia è arrivato a gran galoppo un “ qualcheduno”, che ha impennato il suo bianco destriero nella battigia. Era avvolto in un grigio pastrano inzuppato di pioggia e calzava, così è apparso alla luce di un saettante fulmine, un tipico copricapo a bicorno.
Trascorsa la notte nella ospitale dimora dei Ponce de Leon, il mattino del 4 settembre il vostro cronista ha ripreso la strada per Portoferraio. E’ mancato il saluto a Domenico Ponce de Leon, poiché come gli è stato riferito, importanti ragioni di servizio lo avevano trattenuto fuori casa. Non è mancato uno sguardo al Forte S. Giacomo, che domina la baia di Longone, notando i lancieri polacchi che in gran numero, presidiavano il suo accesso.
Per tornare quindi al quesito posto all’inizio di questo articolo, degno di nota è il contenuto di una velina pervenuta alla redazione fiorentina del Monitore d’ Etruria. Nello scritto è riportato un rapporto della polizia segreta asburgica in cui si segnala che la contessa Maria Walewska, la “ sposa polacca” del Bonaparte, e il loro figlioletto Alexandre, hanno lasciato la villa sulle alture di Firenze dove risiedevano da qualche tempo e che la loro presenza è stata segnalata a fine Agosto a Livorno, dove è palese, anche se discreta, la forte presenza inglese. Sulla base di questa informazione e di quanto direttamente vissuto, il vostro cronista ritiene che la dama sbarcata in grande segreto a S. Giovanni il 1 settembre sia la contessa Walewska accompagnata dal piccolo Alexandre e che gli stessi abbiano trascorso tre giorni alla Madonna del Monte, dove era ad attenderli Napoleone, protetto da una scorta, che come detto nel Monitore del 22 agosto era formata da fedelissimi lancieri polacchi. I polacchi, dai quali fra l’altro sembra derivare la bandiera con le tre api, hanno riposto nel Bonaparte i sogni di indipendenza della loro patria. I nostri distinti lettori ricorderanno, i tanti mormorii che sette anni fa, in pieno splendore bonapartista parlavano di una bella, dolce e nobile polacca, che per amor di patria si era sacrificata, divenendo l’amante dell’Imperatore, spinta dai maggiorenti polacchi e dallo stesso anziano marito, un Colonna-Walewski che peraltro ha riconosciuto il figlio nato quattro anni fa dall’unione imperiale. In effetti , possiamo rammentare,Napoleone poco dopo quel 1 gennaio del 1807 in cui conobbe la giovane patriota contessa Walewska, costituì il Ducato di Varsavia, stato satellite della Francia. L’ Imperatore dando ai polacchi una blanda risposta di indipendenza, aveva formato il più importante serbatoio di soldati da immolare nelle sue battaglie. Tornando ai recenti avvenimenti, il 3 settembre la contessa ed il figlio sono ripartiti da Longone con il mare in tempesta e forse, quel “qualcheduno” in cappotto grigio e bicorno, in groppa ad un bianco destriero, era lo stesso Napoleone, nel vano tentativo di rimandare la partenza, colto da tardivi rimorsi. Concludo rilevando, come precedentemente detto, che il Bonaparte, già dal giugno passato aveva inviato la sorella Paolina a Napoli, dove tuttora si trova, allo scopo di ricucire i rapporti con Murat. Se due più due fa quattro, è facile supporre che la visita di Maria Walewska, di cui è nota la simpatia che la lega a Paolina, non ubbidisca solo a ragioni affettive, ma anche ad un chiaro disegno teso a stringere nuovamente i rapporti con Murat, e nel contempo ad infondere speranza nel sogno di indipendenza dei polacchi, che fra l’altro vedono il loro effimero Ducato di Varsavia già invaso dalle truppe prussiane, russe ed austriache.
Beta de Latorre
Aggiornamenti
Lo scoop del giornalista-politologo del Monitore d’ Etruria, si è mostrato veritiero. Maria L. (la prima) non è mai venuta all’ Elba .Maria W. (la seconda) ed il piccolo Alexandre rimasero nell’ Isola tre giorni per ripartire il 3 Settembre da Porto Longone in una serata di forte burrasca, come fra gli altri ci narra Andrè Pons nei suoi “ Souveniers et Anecdotes de l’ Ile d’Elbe” , la cui traduzione è stata recentemente curata da Gianfranco Vanagolli. Al Pons sono inspirati i ricordi di Martino Acquabona, raccolti da Ernesto Ferrero in “ N.”e, in occasione del bicentenario napoleonico, i ricordi mirabilmente narrati dai “ Tappezzieri “alla Casetta Drouot di Poggi, e le suggestive passeggiate napoleoniche di “Marciana Aurea”. Nonostante l’“Infinito amore” scritto da Massimo Nava, Maria W. doveva raggiungere Napoli quanto prima per consegnare a Murat una serie di lettere di Napoleone. Si comprende così, il suo perentorio: “L’Imperatore ha ordinato di partire!”, che impose al comandante della nave di levare le ancore, nonostante le avverse condizioni meteo-marine, poco prima che arrivasse il “ qualcheduno” per impedirlo. In effetti accanto alla versione sostanzialmente storica narrata dal Monitore d’Etruria, vi è anche un’ altra versione, quella che Fabio Picchi scrive nel suo “Ostriche rosse per Napoleone”, narrando, fra una ricetta e l’ altra, della sua Maria (la terza), dei Costa e dei Lupi di Chiessi…e di Pianosa.
Per quanto riguarda il progetto di Giacomo Mellini per la nuova residenza imperiale di S.Martino ed il dipinto della valle omonima, entrambe le opere furono portate a compimento, anche se c’è qualche problema nel capire se le restituzioni pittoriche furono dello stesso Giacomo Mellini o del nipote Gustavo (Lo Scoglio n.91 p.49,2011). Comunque il progetto è conservato presso l’ Archivio di Stato di Massa ed il quadro celebrativo della Valle di San Martino o Botro Negro, che dir si voglia, con la chiara indicazione di Giacomo Mellini come autore, è a Firenze alla Fondazione Spadolini. Una terza opera di Giacomo Mellini, quella relativa alla partenza del convoglio che riporta Napoleone in Francia, soffre della stessa indecisione. In “Napoleone I all’Isola d’Elba” (Olschki,1962) è indicata come opera di Giacomo Mellini, mentre il disegno esposto alla Villa dei Mulini attribuisce la rappresentazione al nipote. Agli esperti, l’ardua sentenza.
(B.T.)