Manuela ha gli occhi lucidi mentre parla del bambino che riceve per il compleanno alcune caramelle ed è contento (“gli brillano gli occhi”) di poterle condividere con i coetanei.
E’ stata un’esperienza intensa quella vissuta l’estate scorsa, in Perù, alla Casa del Niño di Chuquibambilla, dove da più di quarant’anni vive anche un’altra elbana, suor Estella Ardisson di Porto Azzurro.
33 anni, elbana, insegnante di lingua spagnola a Piombino, Manuela ha alle spalle diverse esperienze formative e lavorative, anche nel campo della comunicazione di impresa a Milano. Il futuro lo immagina come insegnante: “Sì, perché per me la relazione con gli altri e, nel mio caso con i miei studenti, è fondamentale. Fare l’insegnante è il “mestiere” più bello”.
Ha definito la sua esperienza estiva un viaggio al centro della vita: “Lì, in quei posti si capisce davvero cosa sia la vita, quanto extra-ordinaria sia la vita. Noi diamo per scontato tutto. Quando abbracci un bambino e noti nei suoi occhi meraviglia e stupore per quell’abbraccio, capisci subito che niente è poi così scontato; così quando, durante la preghiera di ringraziamento prima di mettersi a tavola, si sente chiedere di donare cibo ai fratelli, ai parenti, ai benefattori, ti senti privilegiato e ringrazi dal cuore. Sì, perché per la prima volta in vita mia ho ‘visto’ il cibo, così come ho visto la felicità negli occhi dei bambini”.
L’importante è non dare per scontato nulla. Per esempio, in Perù il cibo è povero rispetto al nostro. Patate, mais, riso: questi gli ingredienti di ogni pasto, ma sempre nuovi per il gusto e la creatività di chi li prepara e, soprattutto, per la gioia di mangiare insieme e condividere quel poco che si ha.
Come è nata l’idea di fare questo viaggio? Dall’esperienza della scuola elementare delle suore di Livorno (la Congregazione delle Figlie del Crocifisso fondata da Don Quilici), che manteneva i contatti con la missione di Chuquibambilla anche attraverso lo scambio di letterine fra i bambini della Casa del Niño e quelli della scuola. A Manuela capitò la piccola Simeona. Poi, i contatti recenti con le suore conosciute a Livorno (fra cui suor Nerina, la sua maestra, ora a Roma) e gli studi pedagogici hanno fatto nascere il desiderio di questo viaggio.
Manuela insiste sull’esigenza di scoprire il nucleo essenziale della vita. Dice: “Bisogna imparare a saper vedere, sviluppando la capacità dell’attenzione. Un’attenzione consapevole. Questo aiuta ad assaporare la vita. Essere completamente presente, è un problema di occhi: vedere l’essenziale, saper vedere”.
In ciascuno di noi alberga il desiderio di essere padroni della propria vita, dei propri progetti, ma, in situazioni critiche come quella andina, “ci si sente piccolini dentro una ruota che gira e in cui tu non puoi far niente: nella Casa i bambini sono protetti, ma fuori… ci sono madri che muoiono partorendo… e così sperimenti l’impotenza totale. E l’unica cosa che si può fare è donare se stessi e basta, mettendo da parte i tuoi progetti. Con gli occhi prima vedi ciò che manca, poi, pian piano, ti rendi conto di quello che c’è”. Come il giorno del compleanno di Fatima, 14 anni, che mentre cammina le confida che, tre anni prima, alla stessa ora, la madre le aveva preparato una torta con le candeline e che, poco tempo dopo, è morta. E Manuela dice: “Ho considerato bellissimo questo ricordo di Fatima per chi aveva avuto cura di lei. L’aveva detto con dolcezza e non con rimpianto. Ed è scattato qualcosa: che veramente importante nella vita è la cura e l’amore, il sentirsi amati da qualcuno. Questo resta”.
Ora Manuela pensa a come dare continuità all’esperienza. Sicuramente con la testimonianza, come qualche giorno fa in un coinvolgente incontro. Poi, mantenendo i contatti con le suore della comunità per aiutarle a comunicare quello che fanno con il fine di suscitare in altri il desiderio di coinvolgersi. Non sono escluse iniziative di sostegno, forse adozioni a distanza, magari in collaborazione con la Misericordia di Portoferraio di cui Manuela fa parte.
Prima di congedarci chiediamo alla giovane insegnante di provare a rivolgere un messaggio ai giovani: “Ai giovani direi questo: ascolta! Ascolta tutto, apri orecchie e cuore. Ascolta chi ti sta accanto, ascolta le sue parole, il suo animo, la natura, il mondo, le necessità, partendo dalla cerchia più vicina. Noi parliamo un po’ troppo e ascoltiamo poco. E poi lasciarsi sorprendere dall’amore che consiste nel donare te stesso, perché l’importante non sono le cose ma le persone”.
Mentre ci salutiamo, gli occhi di Manuela sprizzano gioia che coinvolge ed emoziona. In noi resta la sensazione che anche nel nostro stanco e sazio Occidente ci sono risorse belle che generano quel mondo nuovo che è il desiderio profondo di ogni uomo.
Nunzio Marotti
Pubblicato dal settimanale Toscana Oggi del 21 dicembre 2014.