Martedì 21 marzo, primo giorno di primavera e giorno di inizio a Portoferraio della rassegna “Visioni Sarde”, il meglio della cinematografia sarda degli ultimi anni, a cura dell'Associazione culturale sarda “Bruno Cucca”, in collaborazione con il cinema “Nello Santi”.
Una rassegna di film recenti e importanti nel panorama italiano: si inizia con “Bellas Mariposas”, film del 2012 (selezionato per la “69° Mostra del cinema di Venezia”) con regia di Salvatore Mereu, tratto dall'omonimo racconto di Sergio Atzeni: un racconto ambientato nella periferia di Cagliari nella metà degli anni '90, nell'immaginario quartiere di Santa Lamenera, che il regista fa coincidere con il reale quartiere di Sant'Elia.
Protagoniste sono le “bellas mariposas”, le “belle farfalle”, Caterina e Luna, amiche del cuore che il 3 agosto, il “giorno dell'ammazzamento di Gigi, l'innamorato” di Cate, vagano con leggerezza in una città assolata, cercando di dimenticare almeno per un giorno il loro difficile vivere in quartiere degradato, da cui sperano di fuggire per fare, come spera Cate la cantante e diventare famosa “nella musica come Marco Carta e Valerio Scanu, che sono sardi come me”.
Atzeni nelle sue pagine e Mereu con le sue immagini ci raccontano una storia dell'oggi, di dura realtà e di sogni mai sopiti, in una sorta di realismo magico, una storia che parla di quel difficile periodo della vita che è l'adolescenza: le belle farfalle sono dappertutto e, come le adolescenti, sono una specie in grave pericolo, non solo in Sardegna...
"Circondàti, siamo", dice la ragazzina, e ancora, “Voi non sapete cosa vuol dire vivere a casa mia”: e, anche se è quanto potrebbe asserire ogni undicenne del mondo, assume una rilevanza particolare detto da una ragazzina che abita in un appartamento fatiscente della periferia di Cagliari, in mezzo ad un alveare di scale labirintiche e sotterranei pieni di drogati, un microcosmo che lei e Luna affrontano ogni giorno con grande pragmatismo ma senza rassegnazione, “belle farfalle” che si ostinano a volare leggere in mezzo al brutto e all'occasionale bello che le circonda, afferrando ciò che di buono l'aria può portare, e trattenendo il respiro quando l'aria di buono non porta proprio nulla.
Mereu costruisce un film magmatico, tracimante di colori e immagini, con la stessa bulimia delle ragazze mentre attraversano la città nella parte più poetica del racconto: una gita al mare in cui il rapporto fra le due amiche si rivela fra i più credibili e commoventi visti di recente sul grande schermo.
Nell'osservazione del degrado suburbano da parte di Mereu non c'è mai compiacimento perché con gli occhi e la voce di Cate ci dice che "non c'è nulla né da vedere né da nascondere": è lei si accorge di tutto, di chi entra e di chi esce, di chi rischia una brutta fine e di chi forse si salverà. A poco a poco impariamo a fidarci del suo sguardo acuto e a credere che almeno lei e Luna ce la faranno.