L'estate elbana di un cronista si caratterizza per la sovrabbondanza di messaggi di posta elettronica. Nella quasi totalità si tratta di avvisi di eventi estivi: spettacoli, sagre, feste gastronomiche, saggi di scuole e associazioni, presentazioni di libri, cerimonie di premiazione, iniziative sportive, appuntamenti di svago e divertimento. E di tutto si cerca di dare notizia, compatibilmente con i tempi e gli spazi dei mezzi di comunicazione.
Succede, un sabato sera, di partecipare al saggio di chiusura di un'associazione che si occupa di attività sportiva. E si scopre che, nell'Elba distratta (e lo dico non esclusivamente in senso negativo) dagli eventi o dalla pigrizia e, forse, già dalla noia, un gruppo di persone offre uno spettacolo di danza il cui filo conduttore è affidato al dramma dei profughi, ai temi del rifiuto e dell'accoglienza. Le parole che guidano lo spettatore sono arricchite da filmati, immagini, coreografie, movimenti che le rendono "chiare ed evidenti".
I protagonisti, dai piccoli della scuola dell'infanzia fino agli adolescenti, ai giovani e a qualche adulto, appaiono ben inseriti nei ruoli assegnati. Riescono ad emozionare il pubblico, a coinvolgerlo.
La realtà dei profughi, oggetto di tanto dibattere a vari livelli con argomentazioni più o meno informate e/o pertinenti, viene vista con gli occhi dei bambini, da sempre la componente più debole e "più" vittima delle tragedie storiche prodotte da egoismi personali, sociali e internazionali.
Cosa resterà del messaggio di questo sabato di luglio? Non so. Sottolineo però due elementi che potrebbero aiutare ciascuno a darsi una risposta.
1) L'emozione, lungi dall'essere un fattore passeggero, consente l'apprendimento e si coniuga con l'elemento conoscitivo. Si dice che, in una data situazione, la persona reagisce arrivando prima con il cuore e poi con la testa. Ma la testa, comunque arriva. Ed è anche per questo che chi si occupa di formazione condivide il detto che, persino a scuola, sia possibile "insegnare emozionando ed emozionare insegnando".
2) L'iniziativa-saggio di cui ho parlato è piccola cosa, un segno. Si sa che i segni sono realtà piccole che indicano qualcosa di più grande. E i segni, come i semi, talvolta fruttificano. Se non altro richiamando l'attenzione su realtà che, per vari motivi, si tende a rimuovere. E' il potere dei segni (ben diverso dai segni del potere!), capace di indicare alternative soprattutto di carattere valoriale.
Per questo, in conclusione, non posso omettere il plauso e il ringraziamento a Cristina e a tutta l'associazione Jazzercise e Elba No Limits, a chi è capace di coniugare sport e solidarietà.
Nunzio Marotti da Toscana Oggi