Ieri, 7 febbraio, è stata la giornata mondiale del Land grabbing, parola inglese che già dal suono, pronunciandola, dà l’idea del suo significato. Per Land grabbing si intende l’accaparramento indebito delle terre coltivate e coltivabili da parte di grandi “investitori” siano essi banche, monopolisti o governi altrui, a danno dei paesi del cosiddetto sud del mondo, e spesso con contratti burla o frutto di ricatto verso i piccoli proprietari.
Questo è un fenomeno generale internazionale e a partire dal 2008 con l’aggravamento della crisi internazionale, ha visto impennarsi verso l’alto i prezzi dei prodotti alimentari e ciò ha portato ad una crescente speculazione sui territori agricoli senza per altro portare alcun effetto benefico, o minimale, alla lotta alla povertà e alla fame dei popoli per esempio del continente africano. Anzi, come spesso denuncia Slow Food, è andato aumentando lo spreco di cibo nel mondo occidentale.
Dobbiamo pensarci quando andiamo a fare la spesa, e domandarci per esempio: “Ma come mai compriamo limoni che arrivano dal Sud Africa o dall’Argentina, siamo sicuri che siano coltivati in modo etico? ma soprattutto ha un senso farli viaggiare così tanto e con un tale consumo di energia?”
Manifestazioni si sono svolte anche a Roma e a Milano.
Maristella Giulianetti
Foto Roberto Borra (Sud Africa)