Una canzone, un inno più bello di questo che tributasse un'isola, la nostra isola non c'era.
Sembra paradossale, ma questo pezzo fu scritto da un riese di nome Alberto Carletti nell'anno in cui finì la seconda guerra mondiale, il 1945, anno che fece da spartiacque tra due epoche, una fatta di dittatura ed odio, l'altra fatta di una grande e vera ripartenza e di un benessere sociale ed economico. Ebbene si, ci sono tante analogie fra quel periodo e il periodo che stiamo vivendo.
Carletti alla fine di quel epoca fatta di fame e di incertezza narra e canta di un luogo bucolico, una specie di eden, un giardino fiorito dove tutto ha un profumo di primavera, di fanciulle sorridenti paragonate a raggi di sole, di rondinelle in volo, di vigneti d'oro e di un mare luccicante e splendente.
Nel 1986 Silvano Ferrini la riporta in auge con un semplice, ma efficace arrangiamento Chitarra e Voce, riportando "a galla" un ricordo di un passato già allora lontano, di un Elba che già in quell'anno e in particolar modo in quel decennio aveva cambiato i suoi "connotati" per sempre, trasformandosi così in un isola solo ed esclusivamente "turistica".
In questo anno paradossalmente ci ritroviamo con dei grandi e nuovi punti interrogativi e con una grande incertezza. Così in maniera molto umile spero e mi auguro che questa canzone con questo nuovo arrangiamento addosso, suonato e prodotto dall'arrangiatore labronico Marco Baracchino possa essere d'auspicio e di slancio anche questa volta, per far si che l'Elba e l'Italia intera rinascano dalle proprie ceneri più forti di prima proprio come in quell'incerto 1945.
Niccolò Brandi
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