In questi giorni don Antonio Mazzi è all'Elba, in visita alla sede Exodus di Portoferraio.
La sua presenza è sempre un arricchimento e uno stimolo a mettersi in discussione, a sognare a pensare ad agire.
Due anni fa alla Mammoletta, precisamente il 3 agosto 2018, durante una chiacchierata venne fuori la crisi della scuola.
Recupero la registrazione e riascolto la sua voce.
<<Oggi il problema principale della scuola riguarda la fascia dai 10 ai 14 anni, cioè della scuola media. E' la prima adolescenza. Negli ultimi tempi ci siamo concentrati sulla seconda adolescenza (le scuole superiori). Invece, l'età 10-14 è la più delicata perché è l'età in cui il corpo comanda tutto>>.
La scuola appare impreparata: non si possono tenere questi ragazzi cinque ore seduti nei banchi.
<<Bisogna - aggiunge don Antonio - dividere il tempo in tre parti: un terzo lezione, un terzo arte e musica e un terzo sport. In questo modo tutta la persona viene considerata e il corpo non resta sacrificato>>.
Il fondatore di Exodus sottolinea la necessità di rivedere l'architettura, ad esempio pareti mobili per ambienti polifunzionali facilmente trasformabili, ridurre al minimo banchi e tavoli, ecc.
<<Alcuni insegnanti questo lo hanno capito>>.
Ma non basta. E' necessaria una svolta anche normativa che consenta di realizzare un migliore servizio alle reali esigenze delle giovani generazioni. Mettendosi in ascolto delle più avanzate prospettive pedagogiche che cercano di farsi largo anche in ambito universitario.
Chi ha passione educativa - sembra dire don Mazzi - non può accettare questo stato di cose.
In questi giorni si discute di come riprendere le attività didattiche a settembre. Potrebbe essere un'opportunità per compiere scelte coraggiose e coinvolgenti i soggetti del territorio.
E così, a novantanni compiuti don Mazzi affida la sua idea ad una lettera pubblicata dieci giorni fa dal Corriere della Sera. Prende spunto dalle dichiarazioni del Ministro sulla ricerca di aule (per almeno un milione di alunni) per invocare <<un nuovo ’68 nel nome dell’educazione e dei nostri figli>>. Se occorrono aule, queste possono essere trovate nel sociale: <<Occorrono strutture e luoghi per le attività didattiche para-scolastiche, fate un fischio>>. E ribadisce, in particolare, che gli anni della scuola media inferiore vanno <<ribaltati, rovesciati completamente>>. Ed è ecco <<il sogno>> di una scuola che diventa villaggio. << Io me li vedo in “villaggi”, nei campeggi, in centri giovanili, ed in infinite altre strutture similari, che già esistono e spesso sono vuote. Quello è il posto giusto con tutte le opportunità adatte ai nostri tredicenni>>.
In questo contesto, <<il classico docente, preside compreso, farà il minimo delle ore frontali per le materie fondamentali quali lettere e scienze. Per il resto vedo artisti, sportivi, artigiani, giardinieri, testimoni del mondo della solidarietà, dirigenti e sindacalisti. I bungalow, le piscine, le palestre, i laboratori, il teatro tenda per attività di 24 ore, la biblioteca e la videoteca, e un luogo particolare, da inventare di volta in volta, per il silenzio, la poesia, la preghiera per chi volesse, per qualche colloquio particolare e forse per qualche notte>>.
E come poter realizzare questo sogno? <<Consorziamo i Comuni e facciamoli artefici di questa avventura educativa, in modo che il villaggio possa ospitare scuole medie di tre o quattro comuni. Trasformiamo in festa, in amicizia, in grande voglia di vivere insieme, con i docenti che non sono professori ma adulti che insegnano a studiare, a giocare, a cantare, a far giardinaggio, a lavorare, e a scrivere la loro vita, il loro diario, possibilmente in poesia>>.
Si dovrebbe anche trasformare <<il vocabolario, laddove cataloga le parole: orario, bocciatura, punizione, valutazione, interrogazione, dovere, disciplina. Pian piano i ragazzi non solo conosceranno Leopardi e il teorema di Pitagora, ma impareranno a conoscersi, a capire l’infinito che è dentro di loro, e saranno felici di “gesticolarselo”!>>.
Un villaggio che ha sempre le porte aperte, perché la scuola è di tutti e serve a tutti: <<Solo così i genitori, la gente, i nonni e i testimoni del territorio parteciperanno e i nostri figli non dovranno aspettare la notte, per andare in un parco a divertirsi, perché il “sabato” è lì. Finisco il sogno dicendo: che dove ci sono ragazzi ci deve essere sempre festa (… e casino organizzato)>>.
Sì, la scuola come villaggio è un sogno. Ma ha la forza di offrire prospettiva alle azioni di cambiamento, ancora più importanti e urgenti in questo tempo. E ciò anche per realtà come quella elbana.
Occorre sogno e audacia per osare l'inedito.
Come don Antonio disse due anni fa nella conversazione elbana: <<Questo è tempo di deserto, da attraversare, e siamo tentati dalla sindrome dell'Egitto>>. E' la nostalgia delle cipolle d'Egitto che provarono alcuni del popolo ebraico mentre erano liberamente in marcia verso la terra promessa (e come disse un commentatore, fu più difficile far uscire l'Egitto dal cuore degli ebrei che farli uscire dalla terra di schiavitù). <<Bisogna avere il coraggio di dire - aggiungeva don Mazzi - che il deserto è il luogo della promessa, che deve rimanere promessa e non un luogo definitivo, quindi tempo della creatività e delle scelte audaci...>>.
E chiedo: fra gli educatori (non solo quelli della scuola) si possono creare momenti di confronto e di condivisione di buone pratiche che comunque nel nostro Paese e fuori ci sono? Studiare insieme, per esempio, l'offerta formativa del <<Trilussa>> di Quarto Oggiaro o l'esperienza <<Donmilani2>> di Exodus? Inserirsi, insomma, in un percorso che contribuisca al rinascimento della scuola e della società?
Nunzio Marotti da Toscana Oggi
[nella foto: don Antonio alla Mammoletta con Stani e Marta Pecchioli]