Morire a 94 toglie dal cono di luce della notorietà, mentre si è già spariti dallo sguardo ed assenti dai ricordi dei più giovani, e consegna tutti ad un più meditato ricordo. Ma la morte di Giulio Andreotti, maschera del potere e dei misteri italiani, incarnazione dell'Italia democristiana che sembrava eterna, uomo fedelissimo del Vaticano che, attraverso i suoi uomini in Sicilia, seppe fare i più sordidi accordi con la mafia eppure garantì l'unità nazionale nella tragica notte della Repubblica culminata nel rapimento di Aldo Moro, è la morte di un misterioso gigante della politica che, fin dalla sua giovane età, ha frequentato le più importanti sacrestie e ministeri ed ha accumulato, quando ancora non esistevano i supporti elettronici, migliaia di fascicoli e dossier nei quali, forse, mai nessuno leggerà la storia vera, torbida e sanguinosa che ci ha portato a questi nostri giorni tristi. La morte del Divo Giulio accade proprio mentre la Dc sembra rinascere in questo strano governo di unità nazionale nel quale abbondano gli ex democristiani, ma è una Dc molto diversa, più tecnocratica e meno popolare di quella che portò l'Italia al boom economico e che, pur con tutti i suoi mille difetti, clientele ed intrighi costruì un vero interclassismo che, visto con gli occhi di oggi, fa sembrare quelle politiche derivanti dalla dottrina sociale cattolica come pericolosamente di sinistra. La morte del rattrappito gigante democristiano che, pur contrario, consentì al nostro Paese di ottenere le vittorie civili del divorzio e dell'aborto, fa risaltare ancora di più la mediocrità dell'oggi, l'inadeguatezza di una classe politica che è nata dal crollo dei giganti scivolati sulle bucce di banana di tangentopoli e sul primo sfiguramento craxiano della eterna lotta ideale tra comunisti e democristiani. Andreotti diceva che il potere logora chi non ce l'ha, ma il tempo ha smentito anche questa sua inossidabile massima, logorando tutto il potere politico (almeno quello visibile) di questa nostra Patria senza politica, dove mai come oggi il potere è logorato dai suoi stessi vizi e l'unica alternativa sembra un populismo che sconfina nel qualunquismo, in una totale mancanza di speranze che anche uno smontatore di speranze di professione come Andreotti deve aver guardato come a qualcosa di sconcio ed incomprensibile. Da quella sconfitta è nata una classe dirigente che della tradizione italica ha mantenuto l'atlantismo straccione e fatto della corruttela pubblica e privata uno status symbol, che ha sdoganato quel che prima era vergognoso e fatto diventare normale l'avidità ed il carrierismo che i democristiani consideravano peccati da non mostrare in pubblico. Anche per l'onnipotente e terribile Andreotti, per il cattolicissimo Andreotti delle trame e dei confessionali ma non delle pubbliche confessioni, c'erano limiti di pudicizia ed etica che non potevano essere superati e la sua Dc permissiva e mangiona riconosceva e contrastava un'austerità comunista che somigliava molto a quella di uomini della stessa Dc, come La Pira, che nessuno avrebbe mai cercato di far passare per moralisti. Andreotti ha condizionato anche i nostri anni della sua lunga vecchiaia, ma li ha attraversati da superstite, con il suo cinismo democristiano che appariva come nobilitato dal massacro della politica e dell'etica pubblica, dalle idee messe da parte, da una politica senza orizzonti, da trame senza futuro se non il dossieraggio, da uomini che difendono solo sé stessi. Guardando indietro ai terribili ed a volte esaltanti anni di Andreotti ripercorriamo tutta la rinascita ed il declino del nostro Paese, tutte le menzogne non ancora svelate e gli slanci di un'Italia che credeva nel futuro e che lo costruiva nel mezzo di una battaglia politica già segnata dagli equilibri internazionali, ma non per questo meno dura. Era, a guardarla dal limite oltrepassato della vita di questo democristiano, servo del potere e gestore del potere, un'Italia dove le parole contavano, dove la destra e la sinistra erano reali ma certo più vicine di oggi, in un Paese dove la politica senza ideali e passioni ha deciso che destra e sinistra non esistono più, mentre cresce il malessere sociale che non trova più parole e simboli, al quale non si riesce più a dare un nome, non essendo più nel vocabolario di chi ci governa parole come classe, diritto al lavoro, giustizia sociale. Giulio Andreotti avrà certo trovato il tempo per mettersi in pace con il suo Dio, ma crediamo che non abbia lasciato questa Italia sfigurata con eccessiva nostalgia.
Umberto Mazzantini da www.greenreport.it