Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base; un salario che sia in grado di garantire i lavoratori per non lasciare nessuno senza dignità e diritti. Si tratta di un salario minimo riservato a coloro che hanno un lavoro.
Questa misura di civiltà, diventa, a mio parere attuale, anche a seguito della pandemia che ha colpito duramente la società italiana ed è stata vissuta con grandissime difficoltà economiche dai cittadini.
Durante il lockdown, abbiamo visto file di persone davanti al Monte di Pietà, per impegnare i valori di famiglia: anelli, collanine, fedi nuziali, etc…
Per molti è stato uno shock, ci siamo resi conto che a seguito del confinamento molti di noi sono stati costretti a far quadrare i bilanci, perché non riuscivano ad acquistare generi di prima necessità rinunciandovi a scapito della salute e del benessere proprio e dei propri figli.
Introdurre il salario minimo in Italia equivarrebbe a fissare uno stipendio mensile minimo di 1.800euro, dove attualmente la gran parte dei lavoratori riceve uno stipendio inferiore a tale importo. Questo non causerebbe un’esplosione della disoccupazione, porterebbe ad aumenti abbastanza piccoli dei costi di produzione, d’altra parte cambierebbe la vita di molti “lavoratori poveri”.
Nel secolo della quarta rivoluzione industriale – la rivoluzione del web – è triste constatare che in Italia questa forma di tutela per le donne e gli uomini che lavorano non è prevista. Il Covid-19 ci ha insegnato che per andare avanti dobbiamo cambiare, dobbiamo innovare, dobbiamo costruire una società migliore, più equa, che si prende cura delle persone in difficoltà.
Oltre all’Italia solo la Danimarca non ha il salario minimo. In Svizzera nel cantone di Ginevra il salario minimo è stato fissato recentemente proprio in seguito della pandemia e con referendum popolare a 4mila euro al mese, in Lussemburgo è fissato intorno ai 2mila, in Olanda e Irlanda in 1.600.
Si parla tanto di parità di genere, con questa forma di tutela si andrebbero a favorire le donne lavoratrici, riducendo la forbice con i salari degli uomini.
Enzo Sossi