"Ho fatto l’ossigeno, quello è la cura basilare. Quando l’ossigeno non arriva agli organi, la saturazione comincia a scendere. Come la batteria del tuo telefono: cominci spegnerti. Avverti spossatezza ed è come se avessi fatto una maratona senza averla corsa. Avevo la cannula nel naso e il casco per la ventilazione che non solo ti dà la dose di ossigeno ma ti aiuta a fare ginnastica con il polmone".
Questo ha raccontato il noto presentatore e conduttore telvisivo Gerry Scotti spprns uscito dall’ospedale ricoverato per Covid-19. In una intervista a Radio Deejay il conduttore dichiara che proprio l’aver utilizzato il casco NIV CPAP gli ha scongiurato di passare dalla sala di attesa delle terapie intensive alla sala vera e propria che vedeva dal vetro con tutti i pazienti proni e incoscienti dopo essere stati intubati.
"Quando entri nel pronto soccorso del Covid Center - ha aggiunto Scotti - non c’è l’area rinfresco, l’area macchinette, l’area vogliamoci bene: si apre una porta e da lì in poi vedi tutto quello che hai visto nei peggiori telegiornali della tua vita. Sono diventato verde, ho sudato freddo. Poi con tono più sereno ma drammatico: (…) Ero in una stanzina, di là c’era la sliding door della vita di tantissime persone. Con due altri pazienti ci strizzavamo l’occhio, dai che ce la fai. Ho appurato, stando lì, due notti e un giorno, che quella era l’ultima porta. Se decidevano di aprire quel varco... Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me. Infine ha concluso: Sono arrivato all’ultimo step indolore della terapia prima che ti intubino. Per un paio di giorni a orari alterni ho dovuto indossarlo (il casco NIV n.d.r.) anche io, è stato un toccasana.
Il funzionamento della respirazione meccanica a pressione positiva è apparentemente semplice, perché consiste nell'erogazione di una ventilazione per mezzo di una maschera che copre il naso o il naso e la bocca insieme. Esistono poi anche i caschi, che si utilizzano per coloro che non sopportano bene le maschere facciali aderenti. Attraverso questi strumenti, i pazienti che respirano spontaneamente vengono aiutati da una ventilazione a supporto pressorio, ovvero una macchina che eroga un flusso costante di ossigeno in base alle esigenze del malato.
I caschi respiratori, noti con come caschi CPAP, la sigla inglese che sta per ‘Continuous Positive Airway Pressure’ e indica la ventilazione meccanica a pressione positiva continua, sono una soluzione semplice e di emergenza per aiutare quelle persone con difficoltà respiratorie evitando la ventilazione invasiva. In questo momento, sono una strategia importante, anche a causa dei contagi da Coronavirus, per mantenere liberi i letti nelle terapie intensive.
La CPAP è in grado di agire sia sul tuo polmone sia sul tuo cuore, migliorando l’ipossia, ma anche reclutando il maggior numero di alveoli. E non è tutto, perché aumenta la pressione della vena cava riducendo il ritorno venoso. Il paziente che indossa questi devices deve essere sveglio e collaborante, deve respirare spontaneamente e, come per la NIV, deve essere in grado di proteggere le sue vie aeree. La gestione dei CPAP e della NIV può essere interamente affidata a personale infermieristico, con la sola supervisione dei medici. Una esperienza personale di polmonite da legionella (per la quale in caso di tardiva diagnosi la morte è certa) mi ha costretto per quaranta giorni proprio a terapie molto intese di antibiotici e grazie a Dio che c’erano, cosa che nelle polmoniti virali come quella da Covid-19 invece nulla possono: quindi ho titolo diretto di testimoniare che l’assenza di ossigeno o comunque l’aver i polmoni afflitti, come erano i miei in modo bilaterale, è stata la peggiore esperienza avuta in ospedale, anche rispetto ad altri episodi sulla carta più gravi. Siamo certi quindi che il ritardo nella risposta da parte della USL nord-ovest Toscana nell’accettare il dono nostro e della Banca dell’Elba dei caschi NIV sia solo un contrattempo burocratico e che questo strumento salvifico sia presto a disposizione degli elbani eventualmente afflitti da patologie non solo Covid, ma di ogni patologia che richieda una stabilizzazione in caso di insufficienza respiratoria grave, prima di essere trasferiti a Pisa o a Livorno o in caso di impossibilità di alzarsi in volo del Pegaso. Attendiamo fiduciosi, quindi, scongiurando che nel frattempo anche solo un paziente Covid all’Elba non si trovi nelle drammatiche circostanze descritte.
Jacopo Bononi (www.promotourism.it)