Sui giornali di questi giorni compaiono notizie apparentemente in contrasto fra loro.
Da una parte, diminuiscono i consumi delle famiglie italiane, e dall’altra si registra un forte aumento della spesa per droga e gioco d’azzardo fra i giovani italiani.
Viene da pensare che le due realtà abbiano una correlazione.
Le difficoltà economiche e la percezione psicologica delle stesse contribuiscono a far crescere l’insicurezza, la paura, la propensione alla passività, la rassegnata aspettativa di interventi “provvidenziali”. E con tutto questo, aumenta la depressione e crescono i fenomeni conseguenti.
Secondo il Dipartimento politiche antidroga (Dpa), cresce il numero degli studenti delle scuole superiori che partecipano a giochi e il 6 per cento di essi è in condizione di gioco patologico. In più, cresce il numero di coloro che abbinano gioco d’azzardo e droghe. In Lombardia i dati sono raddoppiati, con il 20 per cento di studenti che afferma di giocare con frequenza.
“Il gioco d’azzardo patologico – dichiara Giovanni Serpelloni capo del Dpa - è una vera e propria malattia, sicuramente evitabile, prevenibile, curabile e guaribile, con un forte impatto sociale e che ha bisogno di essere affrontata con tutti i criteri anche attraverso un intervento tempestivo sia a livello normativo che a livello organizzativo”.
Tornando ai giovani, è sempre più urgente che ciascuno (singoli, famiglie, associazionismo, parrocchie, istituzioni scolastiche e politiche) si senta interpellato da queste situazioni. Probabilmente sarà opportuno inventare modalità che rendano possibile un’alleanza educativa, che rafforzi capacità relazionali basate sull’ascolto e il dialogo.
L’esperienza di chi si occupa di malessere (giovanile e non) indica nella prevenzione la strada maestra. La prima prevenzione è quella di cercare di svolgere bene il proprio compito nei vari campi di attività e secondo i propri ruoli. Prevenzione è contribuire ad educare a stili di vita alternativi al ricorso a realtà problematiche, stili di vita in grado di sviluppare coinvolgimento e protagonismo. Prevenzione è anche intervenire ai primi segnali, per sbarrare la strada all’abitudine e, quindi, alla dipendenza. Ma per far questo, tra le altre cose, occorre vincere la tentazione di isolarsi, di chiudersi in se stessi. Di vincere la paura di condividere i problemi personali e/o familiari, il proprio dolore, le preoccupazioni. Perché il dolore condiviso è più facile da sopportare e da integrare nell’esistenza, ed è capace di svelare inedite vie di azione.
Nunzio Marotti