Ringrazio anche Franco Cambi per l'apprezzamento dimostrato alla serie e per l'ottima riflessione che ha scritto.
Sulla prima e l'ultima parte ho poco da aggiungere, condividendo praticamente tutto. È la parte centrale, quella sulle nuove generazioni, che mi fa nascere qualche spunto in più. Lo espongo brevemente.
Giorgio Gaber, la generazione dei miei padri, nel 2001 scrive una canzone “La razza in estinzione”, in cui canta: “La mia generazione ha visto le strade, le piazze gremite di gente appassionata, sicura di ridare un senso alla propria vita. Ma ormai sono tutte cose del secolo scorso. La mia generazione ha perso”.
Il mio coetaneo Andrea Scanzi ha detto una cosa che condivido: forse la generazione di Gaber ha perso, ma almeno se l'è giocata; la mia generazione invece è rimasta in panchina. E questo anche perché quelle categorie ottocentesche che Franco richiama, già la mia generazione le ha considerate anticaglia.
Ha fatto bene? Male? Non lo so. Ma so cosa c'è stato di peggio.
La mia generazione ha considerato anticaglia anche quella straordinaria tensione morale, quella spinta ideale verso un qualcosa di migliore, quella voglia di rovesciare l'ordine esistente.
Quelli della mia generazione (i Renzi, i Salvini, le Meloni) li ho conosciuti, li ho sentiti parlare ed esprimere i loro pensieri fin dai tempi della scuola. Lasciatemi stendere una lamiera sulla loro pochezza di allora, e permettetemi di non stupirmi affatto se adesso li vedo così orrendamente all'opera.
Ecco, mi piacerebbe che le nuove generazioni non facessero il nostro sbaglio, e ritrovassero quella tensione morale, spinta ideale, eccetera, dei loro nonni. E lo dico in maniera brutale e forse scandalosa: vorrei che i figli uccidessero metaforicamente i padri. Lo pensavo quando ero nella generazione dei figli, lo penso tuttora che sono nella generazione da uccidere. Perché se i giovani pensano di liquidare quella visione del mondo esclusiva ed egoistica, come dice giustamente il professore, di noi padri semplicemente motteggiandoci come “boomers” e marcando una differenza solo di età, ho una brutta notizia: i problemi rimarranno ancora lì sul tavolo e andranno aggravandosi.
Lo scontro generazionale “boomers vs millennials” può essere divertente in un contesto da goliardia da social media, ma nel mondo reale è farsesco come il fantozziano derby ragionieri contro geometri.
Concludo a questo punto, augurandomi che a questo (per me) costruttivo confronto di idee con Sergio Rossi, Giovanni Fratini e Franco Cambi dia un prezioso contributo anche qualcuno di quelle nuove generazioni evocate.
Andrea Galassi