Cari Lettori
Mezzo secolo fa giusto giusto, a questa ora ero davanti all'edicola del Dellea in Piazza Cavour, a sfogliare un giornale arrivato con la prima nave. Ero un bel po' emozionato; per la prima volta leggevo la mia firma su un quotidiano nazionale, venticinque righe in seconda pagina dell'Unità.
Venticinque righe di cinquantotto battute, scritte la sera precedente, con ansia di non farcela o peggio di essere banale, dettate per telefono a Roma, sul filo degli ultimi minuti utili prima che partissero le rotative, perché quello che raccontavano era - per l'epoca - clamoroso: la frattura tra la insopportabilmente conservatrice democrazia cristiana dei "colonnelli" e quella dei "giovani leoni" della sinistra D.C., culminata con l'elezione (in consiglio secondo le norme dell'epoca) a Sindaco di Giovanni Fratini. e con la creazione di una nuova maggioranza che riportava le sinistre al governo del capoluogo elbano dopo quasi venti anni di purgatorio.
Una compagine intorno alla quale si agglomerarono le migliori volontà ed intelligenze ferajesi dell'epoca, e la cui spinta propulsiva determinò un decennio di buona politica amministrativa (forse l'ultimo "tempo felice") di partecipazione dei cittadini in massa alle scelte, della realizzazione o avvio di opere attese da anni (Vigilanti, De Laugier, Linguella, Fortezze) che mutarono la faccia di Portoferraio, pure sanando le macerie delle bombe e dell'incuria.
Difficile far capire oggi, con i molto meno nobili "salti della quaglia" e mutamenti "di accento e di pensier" degli eletti, che si susseguono da destra a sinistra (si fa per dire), con le parole dei partiti politici che spesso valgono un insieme vuoto, la portata "nazionale" di quella notizia, che, quasi per caso, mi aveva fatto entrare nel mondo del giornalismo dalla porta principale.
Cinquanta anni dopo sono ancora qui, dopo aver scritto un diversissimo mare di roba, con "l'avvenire che ormai è quasi passato", e passando dalla parafrasi di Tenco a quella a quella di Guccini "... io scrivo quando posso e come posso, senza curarmi degli applausi o i fischi, vendere o no non passa tra i miei rischi ..."
Nelle date fatidiche (quale può considerarsi un cinquantenario) di solito si fanno i bilanci, e la vanità umana può farci correre il rischio dello scivolamento verso l'autocelebrazione, il piagnucolio delle recriminazioni, gli insopportabili luoghi comuni dei "nemo profeta in patria".
Stringiamo all'osso: in questo mezzo secolo ho cercato di servire, con una fatica talvolta bestiale, alla mia isola un "volontariato informativo" di decente qualità ed onestà intellettuale. Ci ho provato almeno. Il giudizio non spetta comunque a me.
Di due cose, solo due, consentitemi di essere orgoglioso: l'aver contribuito a tenere in piedi un giornale per più di venti anni e l'aver insegnato almeno i rudimenti del mestiere di pubblico informatore a un bel po' di ragazze e ragazzi. Mi basta
sergio rossi