Mi occupo di comunicazione da anni, essendoci inciampata un pò per fato un pò per naturale propensione al racconto e allo scambio condiviso di pensieri ed emozioni, e da circa cinque anni sono approdata sul pianeta 2.0 con mia grande soddisfazione. Grazie ai social il mio lavoro è diventato facilmente raccontabile tramite immagini, brevi video, micro racconti di eventi, concerti, mostre d’arte, corsi di cucina e quant’altro senza che io in realtà facessi alcunché per raccontarlo: semplicemente condividendo i miei giorni.
L’esperienza nel tempo mi ha regalato la felice possibilità di raccontarmi al Toscana Lab di Arezzo, uno speech alla Borsa del Turismo online e, chi se lo sarebbe aspettato, la vittoria di un Hospitality Social Media Award grazie a una videorisposta a Tripadvisor che ha messo in condizioni l’albergo per cui lavoravo di ribattere alle roventi critiche ricevute.
Si fa un gran parlare ormai di social e condivisione, di twit e post e link e like ma a volte, sono sincera, mi vince la tentazione di soffermarmi a riflettere su quanto mi circonda per tentare di afferrare il vero significato che questo potente strumento di comunicazione ha per me.
Tempo fa, sulla bacheca di un amico, ho letto un post che diceva più o meno così: “se anche tu pensi che facebook sia un contenitore di stupidaggini, significa che segui le persone sbagliate” e ho subito pensato che fosse verità. Un milione di volte mi sono sentita dire che sui social si perde tempo, che la comunicazione 2.0 è una buffonata e che su facebook si leggono un sacco di sciocchezze. Premesso che anche a me capita di leggere molte fesserie e cose poco rilevanti, aggiungo però che ho tra i miei contatti persone assolutamente interessanti e ricche di contenuti che ho il piacere di leggere e che questa varietà umana rispecchia né più né meno quella “reale” (perché, dico io, voi quando andate al bar non le sentite le sciocchezze?). Non è lo strumento a essere stupido, semmai può esserlo l’utilizzo che se ne fa. Detto ciò, ritengo che per comunicare sui social si debba in prima battuta capire se social si sia perché, come amo ripetere, social ci sei, non ci fai, e anzi è difficilissimo dissimulare o “vendersi” per qualcosa che non si è attraverso questi canali comunicativi che non sono altro che degli enormi “amplificatori di essenza”.
Professionalmente parlando, mi sento quindi di sconsigliare vivamente un utilizzo sconsiderato e affrettato degli strumenti ad oggi a nostra disposizione, poiché affinché questi possano fruttare gli sperati risultati, è opportuno capire, conoscere, ASCOLTARE la realtà che si desidera raccontare.
L’errore principale risiede proprio nella natura apparentemente attiva dei social (normalmente misurata con canoni quantitativi: ho tot. follower, pubblico x post quotidianamente, ottengo y retweet e così via) che però ne nasconde una ben più importante anche se meno evidente.
I social sono in effetti prima ancora che dei canali di comunicazione, dei veri e propri strumenti di ascolto, osservazione, monitoraggio della realtà e proprio attraverso questa loro preziosa caratteristica, riescono a costruire vere e proprie campagne di comunicazione mirate e estremamente targettizzate in modo del tutto naturale e apparentemente inconsapevole: come? creando un bacino d’utenza motivato, affine, attento al prodotto raccontato, sensibile ai messaggi condivisi, desideroso di partecipare, contribuire, aiutare.
Convive infatti in tutti noi un aspetto estremamente umano e orientato alla cooperazione che fatica a esprimersi in una società rivolta al consumo esasperato e individuale e che proprio grazie ai social emerge in tutta la sua forza.
Volete un esempio? Avete mai pensato di organizzare un trasloco in chiave 2.0? Ebbene, personalmente mi sono trovata nella condizione di dover cambiare casa potendo fare affidamento sulle mie sole forze e ho scoperto che chiedendo aiuto alla mia rete di contatti su facebook, nel giro di mezz’ora sono stata in grado di recuperare cartoni, giornali, manodopera e persino un furgone che mi sono stati indispensabili per mettere in piedi l’mpresa che mi pareva titanica. Vi sembra poco? In una società esasperata dal concetto del profitto e del tornaconto personale, i social sono i grado di tracciare percorsi di senso basati sulla fiducia, sul reciproco aiuto, sulla cooperazione e ne sono ampia dimostrazione i tanti progetti di coworking che puntano a valorizzare stili di vita sostenibili che proprio grazie alla rete nascono e si diffondono.
Tutto questo per dire che aziende e privati possono trovare in un utilizzo vituoso e consapevole degli strumenti di comunicazione 2.0 un valido alleato ricco di spunti eticamente rilevanti, a patto che non dimentichino la domanda di rito: “Chi sono? Dove vado? Con quali strumenti viaggio?”.
Attenti però, perché usare i social senza avere in tasca le risposte necessarie, può trasformarsi nella più infelice scelta aziendale abbiate abbracciato. Coraggio, allora, rispolveriamo tutti un pò di amletico dubbio, chiediamoci se sia proprio il caso di essere social e se la risposta è si, non dimentichiamo mai una buona dose di divertimento che senz’altro saprà rivelarsi contagioso. Enjoy!
Francesca Campagna