Manette e ceppi ai piedi, abbiamo giustamente protestato con le autorità ungheresi (che, quel trattamento, lo fanno a tutti). Ma chi siamo noi che diamo insegnamenti agli altri?
Un dato balza agli occhi. Nel 2022 si sono suicidati in Italia 84 detenuti, nel 2023 un po' di meno, 69. Quest'anno stiamo andando peggio, ad oggi siamo verso quota 20.
Se riflettiamo sul nostro sistema carcerario - che è poi un modo di giudicare il livello di civiltà di un paese- vediamo che non siamo tanto avanti. 60.000 detenuti nelle nostre carceri mentre dovrebbero essercene solo 50.000 (con un affollamento cioè, superiore al 117 %) Non è un dato confortante. Negli ultimi anni, il tasso di accrescimento del numero dei detenuti era 400 a trimestre, nell'ultimo trimestre il numero è aumentato di 1.688 unità.
Numero alto quello sui detenuti, in conseguenza dell'introduzione di nuovi reati, cosa che, in sé e per sé, non si può contestare però la riflessione sulla limitata capienza delle nostre carceri è oggettiva. I dati sono che il Governo ha destinato 166 milioni per vari interventi (121 per l'esattezza), tra cui la costruzione di due nuove carceri: a S. Vito di Tagliamento (in Friuli) ed a a Forlì. Benissimo. Quando i risultati si vedranno, si potrà apprezzarli meglio.
Che ci siano anche carceri messe peggio di altre in Italia, è vero, come è vero che, varie volte, la Corte Europea dei diritti umani ci ha condannato in materia di rispetto di diritti umani. E quanti sono i detenuti nelle carceri in attesa di giudizio? All'incirca un sesto di chi è in carcere, non pochi, è, forse, normale ma sono dati che dobbiamo valutare.
Ricordiamo intanto di Filippo Mosca, condannato a 8 anni di carcere, a Costanza in Romania, che è detenuto in condizioni bruttissime. E' solo di questi giorni la notizia del suo trasferimento in una cella un po' meno “disumana”.
E ricordiamoci anche di Eva Kaili, già vicepresidente delle UE, in carcere in Belgio, in attesa di giudizio per quattro mesi dal 9.12.2022, con accusa di corruzione. Bruttissima cosa. Ebbene. la sua bambina, che, all'epoca aveva meno di due anni, l'ha potuta vedere pochissime volte. Una misura “cautelare” o un modo per far pressione su di lei? Una decisione del giudice al limite della ferocia.
Anche su questo possiamo riflettere
Guido Retali