Mi ero illuso di restare costantemente in buona salute, ma alla soglia dei 75 anni, domenica scorsa, non ho gustato il pranzo del giorno di festa, ma una Tac con mezzo di contrasto e un'anestesia generale.
E quindi sono stato accolto dentro la sala operatoria dell'ospedale di San Rocco. Le sapienti mani del chirurgo Alessandro Lucchesi hanno eliminato la mia colecisti improvvisamente impazzita, piena di "fango", con annesso rischioso batterio. Un'urgenza che ha comportato poi sei giorni di cure presso il reparto di chirurgia degenze, ed ho potuto scoprire così vari aspetti del nostro nosocomio.
Da anni e anni si è super discusso sui noti tagli agli organici, sulle riduzioni di servizi, per cui capitano vari interventi salvavita anche grazie all'elisoccorso che trasporta altrove.
Ma al di là dei limiti strutturali noti, dal mio letto numero 43, ho visto un film reale, senza montaggio, con protagonista tutto il personale sanitario.
Scene in cui, medici e non, agiscono, H24, con professionalità e dedizione. Oltre Lucchesi i chirurghi Cucumazzo, Ciompi e altri. Ma il paziente è colpito dal gran via vai di infermieri, operatori sanitari e altri addetti all'igiene ambientale e a quella personale dei malati.
Tutti si muovono con perizia, attenzione e pazienza, offrendo anche una parola buona agli “ospiti”. Ho assegnato un 10 a tutti e anche un 10 più ad Enza, un'infermiera napoletana bravissima.
Tutti bravi quindi e si potrebbe dire, con la battuta locale, che ho fatto “la scoperta del Giaconi”, ma prima la mia sosta forzata nei nostri reparti ospedalieri non era mai avvenuta. E diversi infermieri, o altre figure, sono pendolari.
Ancora più arduo il loro impegno: vengono da Piombino e provincia, anche da Livorno. Un infermiere simpatico e bravo è Veneto. E mi scuso con gli altri, ma alcuni di loro li ho conosciuti casualmente di più: Priscilla, sempre al pezzo e fa pure volontariato a Rio ed ha due figli.
Poi un dinamico e valente, Alessandro, definito nel passato “una perla di ragazzo”. Lo è ancora, sebbene non sia più un giovinetto.
Concludo. Di certo l'ospedale va rinforzato nei servizi come tutti chiedono da anni, ma a livello professionale e di impegno, qui le persone sono all'altezza del loro compito.
Oltre le tecniche operatorie e le professionalità mi hanno accompagnato, visto l'intervento d'emergenza che mi è captato, le preghiere di don Kevin e don Domenico, e quelle di un prete originario del del Togo, che ogni tanto appariva in reparto.
Assistenze valide pur se di altro tipo...
Grazie.
Stefano Bramanti