Io me la ricordo quella ragazza alla pari con gli occhi di nocciola e le fossette di un dolce sorriso che incontrai per caso e per destino tra i turisti di Marciana Marina e che nel 1984 sposai, dopo un suo viaggio avventuroso, come una profuga al contrario, dalla ricchissima Svizzera alla problematica Italia.
Me lo ricordo quello scandaloso matrimonio in Comune (quando sposarsi in Comune era ancora scandaloso) celebrato di malavoglia da un sindaco democristiano a cui non piacevo e che non mi piaceva e che finì con due frasi non proprio pacificatrici: “I fiori alla sposa perché sono dovuti” disse Pasquale Berti. “Ma vaffanculo Pasquale”, ripose lo sposo, con la sposa bellissima che guardava fra l’incredulo e il divertito il sindaco democristiano e il comunista che aveva appena sposato, chiedendosi probabilmente dove era finita e cosa la aspettava.
Me lo ricordo il casino della festa nella grande casa dei Fagioli/Cipriani arrampicata sugli scogli del Cotone in un 16 dicembre nuvoloso e quasi tiepido che annunciava la pioggia, mi ricordo i parenti della sposa, svizzeri montanari e lacustri, allevatori di mucche e coltivatori di mele, pere e ciliege, spaesati in quella baraonda isolana, in un grande salone con sopra una terrazza a picco su un mare grigio che batteva su scogli gialli, un mondo straniero dove Marianne forse si sarebbe persa senza tornare.
Mi ricordo l’abbandono della festa degli svizzeri preoccupati e poi il trasferimento degli amici più cari e di qualche briaco diventato amico più caro alla casa di Bruno, il Duca della Cala, dove Lorenzo Serena sparì in mezzo alla pioggia e lo ritrovammo a casa sua dopo un paio d’ore.
Ma la ricordo la prima notte di nozze, schiantati di fatica e felicità sul letto di un mini-appartamento in via Dussol e con un gatto rosso che dormiva sul terrazzo da dove cominciò diffidente a venirci a trovare.
Me lo ricordo quell’inverno freddissimo che arrivò con il nuovo anno, con la neve sulla spiaggia e sugli scogli del Cotone e Capraia da lontano, bianca tra il cielo e il mare di piombo che sembrava un’isola dell’Artico.
Me la ricordo la felicità che non mi avrebbe più lasciato di aver scelto – di essere stato scelto per qualche strana fortuna – la donna giusta.
Me lo ricordo e il 16 dicembre sono 40 anni dal giorno in cui ho fatto la cosa migliore della mia vita: sposare Marianne.
E ora che stiamo insieme da quasi il doppio degli anni che avevamo da quando la ragazza con gli occhi nocciola e le fossette incontrò a una svolta inaspettata un ragazzo che lavorava sotto il mare, ora che la vita ci è passata sopra e accanto, ci ha spinto da dietro e messo a volte una mano sul petto a frenarci, ora che – come succede nella vita – abbiamo perduto persone care e di altre - compreso quel sindaco che dette di malavoglia i fiori e che non c’è più – siamo diventati amici, ora che le nostre vite si sono mischiate fino a diventare inestricabili, ora che quando siamo vicini è normale e ci parliamo senza parole e quando siamo lontani è una mancanza da colmare al più presto…
Ora, dopo 40 anni di vita insieme possiamo dirci che quella ragazza con gli occhi nocciola e le fossette del sorriso che c’è ancora e quel ragazzo che è diventato qualcos’altro restando il ribelle di prima, quelle due persone che si incontrarono per caso e destino, sono ancora lì, si guardano ancora e si lasciano vivere come in quei giorni in cui si gettarono l’una nel destino dell’altra con il timore di annegare in qualcosa di sconosciuto che è diventato la speranza avverata di un amore vissuto con serenità e senza farsi sopraffare dalle difficoltà che la vita ci pone come pietre d’inciampo.
Abbiamo qualche tesoro in più rispetto alla nostra povertà di giovane coppia coraggiosa fino all’incoscienza: un figlio grande che è un uomo intelligente e perbene, una piccola casa dove stare, una gatta grigia e grassa padrona del quartiere che ha preso il posto del nervoso e magro gatto rosso che si rifugiava su un terrazzo e che ormai sarà nel paradiso dei felini.
Abbiamo 40 anni da guardarci indietro come in un fiume e tutti gli anni che verranno e che saranno comunque anni belli da passare insieme, come in mare aperto.
Io e Marianne, certo più stanchi, forse più saggi, ancora di fronte, mano nella mano, a questo magnifico mondo che ci incuriosisce e ci spaventa, come se fossimo quei ragazzi che 40 anni fa un sindaco di un Partito che non c’è più sposò in un Comune che ora è da un’altra parte.
Umberto