Pino aveva iniziato a navigare come "sarpante" a quattordici anni sul Giovannino (nella foto), il bastimento a vela del Cinese, l’armatore-comandante detto così per i suoi tratti asiatici.
Poi la guerra e il faticoso ritorno all'Elba, e questo dopo il coinvolgimento nella battaglia di Piombino (10 e l'11 settembre 1943) e l’essere scampato al siluramento dello Sgarallino (22 settembre 1943): "Prima le donne con i bambini e gli anziani". Pino, però, uscì vivo anche dal bombardamento tedesco di Portoferraio.
In seguito l’organizzazione comunista nel forno di Alfonso, infine il capo di concentramento di San Giovanni e la fuga notturna con Tonietto, portato sulle spalle fino a Rio Marina nel giugno 1944.
La sua vita di marittimo imbarcato con la compagnia Parodi di Genova lo portò nelle Americhe, in Africa, in Asia e perfino al Giappone, ma pure in Unione Sovietica e negli Stati Uniti, dove non poteva scendere a terra perché comunista.
Lui era un uomo di mare e nel mare navigò fino alla pensione, ma nel suo navigare si poneva sempre un primo obiettivo: farsi amico il cuoco di bordo.
Quest’ultimo che non era proprio uno chef da stelle Michelin, era pur sempre quello che dopo il turno di lavoro ti dava la gioia del sostentamento quotidiano: “Fattelo amico, e per te avrà un occhio di riguardo”.
Non è che lui amasse particolarmente il mangiare, ma puntava sul cibo vero e ben cotto, e all'epoca per i naviganti a lungo corso era un desiderio che per noi terragni è difficile da capire.
Lorenzo M.