Martedì 17 (superando le superstizioni popolari) ho partecipato a due avvenimenti nello stesso giorno: l’inaugurazione del negozio di Eataly a Firenze e la presentazione del libro “Rime in Pentola” di Alvaro Claudi a Portoferraio. Mi direte, che c’entra Eataly, la catena di negozi dell’enogastronomia Made in Italy che Oscar Farinetti sta aprendo in tutto il mondo, con un libro dove il cuoco e gastronomo Alvaro Claudi mette in rima le ricette elbane?
I due avvenimenti, apparentemente distanti, hanno in comune l’idea di fondo che quello che mangiamo è un prodotto culturale di un luogo, di un territorio e questi aspetti possono essere vissuti sia a livello locale che nel marketing globale di Eataly.
Il Made in Italy agroalimentare, che produce le innumerevoli varietà di prodotti enogastronomici, è il risultato della varietà culturale nel quale si è formato il nostro paese. La dimensione culturale locale che produce le eccellenze di un territorio e la sua diffusione nel mondo stanno nello stesso sistema, non sono in contraddizione.
E’ l’opposto di Mc Donald e della Coca Cola, della standardizzazione dei gusti delle catene che vendono lo stesso prodotto in tutto il mondo, qui si tratta ivece di vendere i prodotti del territorio in tutto il mondo.
Questa intuizione viene dalla cultura Slow Food che Carlo Petrini ha diffuso negli anni e che Farinetti, che ha fiuto imprenditoriale, ha organizzato e diffuso con il suo marchio Eataly. Certo non è esente da difetti o da critiche più che legittime, ma quando si fa una operazione di questa dimensione, e a questo ritmo (nel mese di dicembre ha aperto a Chicago, Istanbul e Dubai oltre che martedì a Firenze), sicuramente si fanno errori e si attirano critiche.
Il libro “RimeInPentola” è un delizioso volume nel quale con piglio poetico Alvaro Claudi ha messo in rima delle ricette della tradizione popolare. Operazione culturale sofisticata perché la trasposizione poetica delle ricette arricchisce di riferimenti culturali del territorio e connota in maniera puntuale il contesto nel quale sono state prodotte.
E’ questo il valore che possiamo e dobbiamo riconoscere ai prodotti e ai piatti del territorio, è questo che Farinetti vende in Eataly, certamente prodotti di buona qualità, forse non sempre rispondenti ai criteri dei critici più severi (e poi si sa in Italia il successo non è tollerato) ma è la varietà culturale che il Made in Italy rappresenta. (A chi fosse sfuggito, il marchio “Made in Italy” è secondo solo a Coca Cola nella classifica dei marchi che le persone conoscono nel mondo).
Mi fa piacere proporre una delle ricette in rima che nel mio immaginario rappresenta l’Isola.
Il polpo lesso
Pochi anni addietro a Portoferraio
In un cantone del Vecchio Mercato,
dall’ora di merenda fino a sera,
vedevi un capannello un po’ affollato
di gente paesana e forestiera
che faceva la fila: era “il polpaio”
Il suo banchino, sempre illuminato
da una luce del tutto naturale,
con spazi a volontà per il cliente,
sia esso fisso, oppure occasionale
era spartano, ma molto accogliente
e se vogliamo un po’ anche raffinato.
Alcuni sostavan lì per far salotto,
molti altri solo per curiosità,
pochi alla fine i consumatori,
più per la gola che per necessità,
che fra l’invidia di molti spettatori
prenotavano il polpo appena cotto.
Il polpaio con calma, senza fretta
Scoperchiava “l’aveggio” ancor fumante
E come d’incanto dall’acqua di cottura
appariva un violaceo fiore, che all’istante,
secondo un rito di antica cultura,
veniva tagliato e servito alla forchetta.
Non serviva limone o salse strane,
perché il polpo è del nostro mare
va mangiato senz’altro condimento.
Cottura al dente, e deve riposare
nell’acqua ben salata a fuoco spento
con molto peperoncino e….senza pane.
Or questi rituali son finiti
la gente dentro casa si rintana,
sempre più soli e sempre più arrabbiati
pur rimpiangendo questa vita sana
che si faceva nei bei tempi andati
fatta anche di momenti saporiti!